La Russia stringe di brutto il guinzaglio a Kiev: “entro il 2019 di sconnetteremo i gasdotti ucraini dalla nostra rete”.



E’ ufficiale, Miller, il capo del consiglio di amministrazione di Gazprom, ha ufficialmente comunicato l’intenzione della sua azienda di disconnettere dalla rete di gasdotti, da loro gestita gli impianti ucraini.
Una bomba che non arriva inaspettata, malgrado le strambe reazioni dei giornaloni, soprattutto anglosassoni.
Io ne parlavo da tempo.<br />I contratti con l’Ucraina scadono nel 2019, quindi Kiev, fino a quell’anno, e se paga, potrà ricevere tranquillamente il gas russo.
Nel frattempo potrà decidere dove comprarlo in futuro.
Ecco le esatte parole di Alexei Miller:

“Il gasdotto Turkish Stream sarà l’unica via attraverso la quale possono  essere consegnati 63 miliardi di metri cubi di gas, che sono ora in transito attraverso l’Ucraina. 
Non sono previste altre opzioni. 
I nostri partner europei sono informati al riguardo e ora il loro compito è quello di creare le necessarie infrastrutture di trasporto del gas del confine Turchia e Grecia”

Miller è stato chiaro , quando il nuovo gasdotto turco sarà pronto i 63 miliardi di metri cubi di gas che transitano attualmente attraverso l’Ucraina dovranno essere acquistati dal nuovo Hub in Grecia, pronto per quella data.
Del circa venti miliardi di metri cubi che consumava il mercato ucraino non ne parla neanche, non sono problemi della Russia, vuol dire che qualche paese europeo si preoccuperà della fornitura….

la storia parte da lontano, dal famigerato “terzo pacchetto energia” europeo che tanti problemi ha dato alle relazioni russo-europee.
Come saprete i giacimenti, l’estrazione e il commercio del gas in Russia avviene perlopiù sotto il controllo della Gazprom, azienda statale, che decide cosa transita nelle condutture e a che prezzo.
Le normative europee prevedono invece che chi estrae, chi commercializza e chi si occupa del trasporto siano minimo tre entità separate.
La richiesta europea relativa al gasdotto South Stream, progetto cancellato, era che venisse liberamente permesso al gas di provenienza caucasica (Azerbaijan e paesi limitrofi) di transitare senza che la Russia potesse opporsi, anche nei tratti in territorio russo.
In pratica si voleva incentivare la concorrenza.
Una altra richiesta europea era quella di istituire il mercato unico del gas, il prodotto acquistato all’estero è distribuito nel territorio europeo, senza i contratti di esclusiva e i limiti contrattuali che piacevano tanto a Mosca.
La Russia ne ha preso atto e ha deciso di scollegare il tratto ucraino delle condutture, fornendo il nord Europa con i gasdotti Yamal e North Stream e il sud con il gasdotto turco in costruzione.

Cosa comporterà questo?
Per alcuni paesi niente, Polonia, Germania , Inghilterra e altri andranno avanti come prima, loro il gas lo ricevono già da impianti sotto utilizzati.
Per molti paesi , tipo Romania, Ungheria, Serbia, Italia e altri il problema è più serio.
Bisognerà decidere in pochissimo tempo cosa fare, se buttarsi in avventure tipo la costruzione o il potenziamento di gasdotti provenienti dall’Africa, se sperare nell’incognita del GNL, il gas liquefatto proveniente non si sa bene da dove, oppure piegarsi e ostruire nuovi gasdotti.
E il tempo è poco, le spese dovranno essere pagate dai paesi interessati, occorrono fare accordi per i diritti di passaggio, ecc.ecc.
Nella nuova congiuntura europea, diciamo “complicata” non sarà facile.
La Germania si è offerta di costruire i gasdotti, a sue spese, partendo dai gasdotti che raggiungono il nord europa.ovvero vuole che i tedeschi vangano pagati per il disturbo di rivenderci il gas russo…
Un colpo da maestro, decine di miliardi di euro di investimenti da fare e i russi non spenderanno neanche un rublo.
E fate in fretta che il tempo è poco.

E i nostri amici Ucraini?
Il problema è , come tutti i problemi degli ultimi tempo da quelle parti, apocalittico.
Almeno venti miliardi di dollari di investimenti necessari per riparare la loro disastrata rete di gasdotti andati in fumo, nessuno vorrà più investire nel loro paese.
Un compito titanico (e costosissimo) sistemare l’esistente e affiancare alle condotte nuove stazioni di pompaggio che vanno nella direzione opposta.
Con quali soldi?
Nelle casse di Kiev non c’è un dollaro, e se questo avviene nel 2015 si può prevedere che nel 2019 la situazione non sarà cambiata.

Siete pronti a prendervi cura di quaranta milioni di Ucraini?