Basta Russia, oggi parliamo di quel farfallone di Renzi , e del Fiscal Compact.

Il trottolino laborioso, il nostro amato Renzi è andato il Germania a spiegare la sua “ricetta” per il rilancio dell’economia.
Rilancio, si tratta di naufragio controllato, altro che rilancio.
Oggi spieghiamo ancora una volta il Fiscal Compact, per gli elettori di Renzi, gli altri lo sanno già, anche solo istintivamente sanno che siamo fottuti, per dirlo in termini tecnici.
Il fiscal compact, simpatica norma divenuta costituzionale a nostra insaputa, al paragrafo 3.1:
” la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente [deve essere] in pareggio o in avanzo”; questa regola si considera soddisfatta se il deficit strutturale annuale delle amministrazioni pubbliche risulta inferiore allo 0,5% del Pil. I paesi devono garantire una convergenza rapida verso questo obiettivo, o verso l’obiettivo di bilancio di medio specificato per il singolo paese, secondo una forcella stabilita tra il -1% del Pil e il pareggio o l’attivo. I tempi di questa convergenza verranno definiti dalla Commissione. I paesi non possono discostarsi da questi obiettivi o dal loro percorso di aggiustamento se non in circostanze eccezionali. Un meccanismo di correzione è avviato automaticamente se si individuano forti divergenze; ciò comporta l’obbligo di adottare misure volte a correggere queste deviazioni in un periodo determinato.”

Notate che non si parla di tre per cento da nessuna parte, ma di 0,5 per cento , oppure il limite stabilito dalla commissione europea.
Il deficit strutturale di uno stato è, detto in soldoni,  la differenza tra entrate e uscite di uno stato , a prescindere dalla situazione economica , ovvero senza tenere conto di emergenze , crisi economiche o situazioni particolarmente favorevoli.
Detto nel linguaggio dei burocrati di Bruxelles significa che, se il bimbo  ha fatto tutti i compiti a casa, il bilancio è in pareggio oppure con un deficit massimo dello 0.5 per cento.
Il bello è che questo deficit strutturale deve essere controllato anche in caso di crescita troppo repentina del bilancio statali, se, a causa dell’aumento delle entrate statali il deficit si riduce troppo, oppure va in attivo , le entrate fiscali devono diminuire, con aumento delle detrazioni o riduzione delle imposte.
Questo assurdo sistema servirebbe a dare al bilancio statale una certa stabilità e il controllo delle spese e del bilancio.
Da dove viene, allora, il 3 per cento di deficit di cui parla Renzi?
Si parla di Deficit pubblico, ovvero, quanto spede effettivamente in più un bilancio statale rispetto alle entrate, quello è il vincolo originale del trattato di Maastricht e pone un paletto inviolabile.
La differenza tra il bilancio strutturale e il bilancio reale , quel due  e mezzo per cento è composto da varie voci, gli interessi sul debito pubblico, per esempio, e altre voci legate all’inflazione, a spese impreviste e altro.
Semplificando uno stato non può più decidere in Europa cosa ci deve essere dentro a quel due e mezzo ballerino, ma deve sempre sottoporre il bilancio all’approvazione dei burocrati europei.
Per mezzo di procedure complesse, che spesso non afferrano del tutto neanche gli addetti ai lavori , i burocrati EU hanno deciso che, calcolando il nostro bilancio potenziale, inflazione e tanti altri fattori , la forbice del deficit pubblico si doveva assestare, nel 2014, al 2.6 % , non il 3%.
Renzi non può disporre di quello 0, 4 per cento per abbassare le tasse ai lavoratori, e se lo facesse, sarebbe obbligato ad aumentare le entrate fiscali in qualche altro modo, per un importo perlomeno uguale.
E i parrucconi di Bruxelles gli hanno anche ricordato che certe spese una tantum, come la cessione di quote di società statali, condoni e rientri di capitale, non servono per conteggiare le entrate statali, ma alla riduzione del debito pubblico.
Al di là delle tante strombazzature il margine di manovra fiscale di Renzi è lo stesso di un uovo tenuto n equilibrio sulla lama di un coltello.
Se vuole davvero “regalare” ottanta euro al mese a dieci milioni di italiani deve ridurre le uscite dello stato per un importo perlomeno uguale, con tagli alla spesa pubblica , quali pensioni e simili.
Al di là di una giusto riequilibrio , per noi italiani non cambierebbe molto , ci sarà chi ha qualche euro in più da spendere e altri che ne avranno di meno.
Per non parlare del pagamento (ipotetico) dei debiti delle imprese verso la pubblica amministrazione , e quando , a partire dal prossimo anno ,si dovrà ridurre il debito pubblico , non metter qualche soldino in più in busta paga.
Balleranno cifre da cento a centocinquanta miliardi, e dovranno essere tirate fuori in qualche modo , non con

trucchi contabili e altro, senza aumentare il debito pubblico , che, anzi , in teoria si dovrebbe ridurre del cinque per cento .

In teoria, dato che nessun governo ci riuscirebbe senza tagliare di brutto la spesa pubblica dove costa, con tagli lineari a stipendi degli statali e delle pensioni.

E il trottolino di Firenze si balocca con ottanta euro ricavati da voci improbabili di bilancio, un regalino che (forse) farà a quei fortunati che un lavoro ce l’hanno.
Salvo poi toglierne 200 al mese il prossimo anno , in pieno stile greco.
Ma già la mazzata degli addizionali dell’Irpef arriverà ad Aprile, a ridosso delle elezioni europee, salvo un probabile rinvio subito dopo, e lì a spanne dovrebbero essere tolti dalla busta paga gli ottanta euro di cui si parlava.

Siete pronti per il giro sull’otto-volante?