Tre mesi in Romania,- Storia di una delocalizzazione – Parte seconda.

Salve Ragazzi
Vi avevo parlato della mia esperienza di lavoro come consulente presso una azienda trevigiana, che ha simpaticamente trasferito la produzione in Romania, in quel di Timisoara.
Oggi proviamo a vedere la cosa dal punto di vista di un imprenditore che vuole trasferirsi.
Prima di tutto occorre chiarire una volta per tutto che il lavoro , l’azienda ,l’attività , il marchio e ogni altra cosa sono merci , nel nuovo mondo globalizzato in cui viviamo.
Parliamo del buon imprenditore che , all’improvviso scopre che lo scopo della sua a azienda è:  Fare Soldi.

Non è avere un bel capannone, tanti operari , il Fatturato.
No, è proprio mettere uno sull’altro bei mucchi di banconote lo scopo ultimo , primo ed unico di imprendere.
Detto questo , molti cosiddetti imprenditori questo lo dimenticano , e “producono”  le palazzine uffici e cose simili , con lo scopo ultimo di spendere soldi inutilmente.
Andiamo avanti.
Prima di tutto quale è la dimensione dell’azienda?
Se si parla di più di 10 e di meno di 150-200 dipendenti, la soluzione è semplice, paesi dell’Est, diciamo Romania, Bulgaria, Serbia, Ecc.ecc.
Se l’azienda ha meno di dieci dipendenti non conviene , se ne ha più di 100-150 conviene prendere baracca e burattini ed andare in India e simili, per ottenere un risparmio maggiore.
Certo , dipende da un costo dei traporti, dalla tipologia del materiale , dalla reperibilità dei componenti, ecc.ecc.
Vale solo come idea generale.
Io , da parte mia, ricercando dei capannoni per un sito produttivo ho notato due cose.
Negli ultimi due anni la quasi totalità delle aziende che lavorano in Romania con molti dipendenti ha smontato la fabbrica (nel caso degli americani letteralmente, le fabbriche sono progettate per essere smontate e poste dentro container) e sono andati in India, Bangladesh , ecc. ecc. dove il costo del lavoro si aggira intorno ai 50-80 dollari netti al mese.
Di conseguenza ho messo degli annunci , ho fatto il giro di molte zone industriali , cercando un capannone da circa 2000 metri.
E lì sono cominciate le sorprese.
Non riuscivo a trovare la tipologia di capannone che mi serviva, ovvero un bloco unico di 2000 metri con un bel piazzale per il carico e lo scarico dei camion (arrivano dei pezzi lunghi 12-15 metri , in verghe).
O trovavo dei capannoni molti più piccoli , oppure molto più grandi , o nuovi ad un prezzo assurdo oppure cadenti da ristrutturare (in Italia li avrebbero demoliti da un pezzo).
E in generale i costi sono molto più alti che in Italia, per esempio intorno a Timisoara.
La situazione italiana è ben diversa i capannoni te li tirano dietro , a qualsiasi prezzo , diciamo che adesso i capannoni in Italia li trovi anche ad un euro/metro-quadro/mese, in Romania arrivi anche a 4,5.
Questo dovrebbe dare da pensare a molti , se consideriamo l’IMU, chi possiede capannoni ,magari sfitti, in Italia ha preso una inchiappettata selvaggia.
E poi pensiamo ai molti capannoni italiani sfitti , che NON troveranno mai un acquirente-affittuario, in attesa della ripresa che non verrà mai.
Andando fuori dal discorso attuale penso che sia ora di considerare il fatto di requisirli da parte dello stato , per farne scuole, palestre e alloggi per i senzatetto, dividendoli in tanti spazi più piccoli.
Questo darebbe il colpo finale alle costruzioni , che ormai sono ferme e non ripartiranno finchè non ripartirà il credito bancario (non ripartirà, almeno per i prossimi anni).
Adesso torniamo a parlare del nostro teorico imprenditore.
Prima di tutto deve chiedersi:
  • La mia azienda guadagna molto?
  • Lavoro molto con l’estero?
  • Pago molte tasse?
  • Sono poco radicato nel territorio?
  • Ho più di dieci dipendenti e meno di centocinquanta?
  • sono poco indebitato con le banche?
 Se la risposta è si a tutte queste domande , allora è il caso di cominciare a considerare l’idea di trasferirsi, soprattutto se l’azienda guadagna molto.
Perchè questo? Ci arriveremo , ma il reddito è comunque indispensabile per finanziare il trasferimento.
Quindi conviene trasferire proprio le aziende che sarebbe meglio rimanessero in Italia.
Meglio per gli italiani , non per l’imprenditore.
Certo , un gommista o chi produce mozzarella di bufala campana rimarrà, ma poco altro, rimarranno soprattutto le aziende stracotte che non hanno il reddito e i capitali necessari per trasferirsi.
E questo vale anche per produzioni tipo i divani , che hanno un costo di trasporto elevatissimo , che , per un pelo , non rende conveniente il tutto.
E anche per produzioni con elevato contenuto tecnologico , che però possono trasferirsi in paesi come la Svizzera o l’Austria, dove la tassazione è minore , il costo del lavoro è minore o uguale e dove lo stato li coccola come stalloni purosangue, e non come laidi limoni-evasori da spremere..
Non ho detto che approvo o disapprovo questo stato di cose, ho solo evidenziato la realtà.
L’aver aperto le frontiere e reso l’Europa uno spazio aperto ai commerci e alla concorrenza ha anche aiutato , e molto , le aziende alla delocalizzazione..
Prossima puntata faremo insieme al nostro imprenditore di fantasia due conti , ovvero :
Quanto costa se……