La “guerra per il greggio” e il calo dei prezzi è in pieno svolgimento.


La “guerra del petrolio” , ovvero il calo “incontrollato” dei prezzi del greggio negli ultimi giorni è dovuta ad una miriade di fattori.
Prima di tutto la decisione dell’Arabia saudita di non diminuire la produzione, ma non solo.
Anche la diminuzione dei consumi europei, sottaciuta dai media occidentali c’entra molto, insieme alla riduzione dei consumi cinese.
Gli USA, come al solito, ci hanno messo lo zampino , finanziando il costosissimo  Shale Oil, insieme allo sfruttamento del greggio ricavato dalle sabbie bituminosi canadesi.
Gli analisti parlano di una sovrapproduzionea di greggi inferiore all’uno per cento, che ha fatto calare il prezzo medio da oltre cento dollari al barile intorno agli ottanta proprio in questi giorni

Prezzo necessario per il mantenimento del bilancio statale
Debt/GDP,%
Prezzo necessario per mantenere
il rapporto di
debito PIL, USD
Prezzo per mantenere il debito pubblico al 40% entro 3 anni.
Riserve /
il debito pubblico
1 anno
Dopo 2 anni
Kuwait
60
11
63
69
64
102,2
U.A.E
64
12
71
86
38
17
Qatar
68
35
71
80
77
3
Arabia Saudita
83
3
85
88
79
35.8
Russia
101
10
104
108
92
2.9
Algeria
106
9
108
109
92
14.1
Angola
117
39
128
145
142
1.9
Iraq
126
31
131
136
133
1.3
Iran
133
11
139
141
98
3.3
Nigeria
144
10
158
182
129
6.6
Libia
185
5
208
230
180

Fonte: Goldman Sachs, Bloomberg Businessweek

Goldman e Bloomberg hanno fornito questi dati, da prendere con le molle, ma comunque interessanti.
La Russia è lo stato “importante” che soffre di più dal calo delle quotazioni, ogni dollaro di diminuzione al barile sono miliardi di dollari che non entrano nelle casse dei colossi del petrolio, controllati dallo stato.
E gli effetti del calo del prezzo del greggio sono maggiori di quelli delle sanzioni, di quello parlerò in un altro articolo.
Come al solito tutti i paesi del mondo sono legati da una inestricabile rete di relazioni economiche, e quello che succede ad uno influenza tutti gli altri.
I sauditi, probabilmente avranno detto agli americani di stare “lavorando per loro”, aiutandoli nella guerra santa contro la Russia.
Invece la “guerra santa” dei sauditi è contro i concorrenti, Russia compresa, con una particolare accezione ai paesi come la Nigeria che prima vendevano negli Usa, e adesso devono cercare clienti da qualche parte.
Infatti gli Usa hanno ridotto le importazioni grazie al petrolio estratto con le nuove tecnologie.
Dal grafico che ho esposto sopra potete notare che l’Arabia saudita ha lasciato abbassare il prezzo del petrolio fino ad un importo perfettamente sopportabile per loro, mettendo sotto pressione alcune nazioni concorrenti.
Possiamo prevedere che , se il prezzo continua a mantenersi basso, presto alcuni dovranno tagliare la produzione, e i “mercati” reagiranno tagliandogli i finanziamenti.
Come al solito soffriranno le nazioni povere e in preda alla guerra, casualmente Nigeria, Libia e Iraq sono quelle che già adesso non attirano particolarmente gli investitori , chissà perchè.
Il grafico della Blomberg non ha inserito anche alcuni stati produttori, come il Venezuela, che soffre tantissimo, per il calo attuale, come se non avessero abbastanza guai, da quelle parti.

In questo mondo surriscaldato, dove lo scioglimento delle calotte polari dà luogo a fenomeni meteorologici sempre più estremi, dobbiamo aspettarci anche “fenomeni” economici sempre più estremi.
Una sovrapproduzione , tutto sommato contenuta ha dato il via ad un crollo dei prezzi repentino, fenomeno impensabile solo fino a qualche decennio fa.
Un calo della produzione degli attori coinvolti, magari coincidente da iun “inaspettato” aumento dei consumi  di qualche nazione mondiale, darà il via ad un aumento altrettanto imponente.
E l’aumento dei prezzi darà il via  ad una nuova leggerissima sovrapproduzione, e i prezzi crolleranno di nuovo, ma non subito.
E i giornalisti diranno “strano, non me l’aspettavo!” e via a nuovi titoli “il prezzo del greggio andrà a sessanta dollari epr i prossimi cinquecento anni!”.

C’è a chi le montagne russe piacciono, comunque.
Nel prossimo post aprleremo di Russia e di Ucraina, e di cattive notizie per chi possiede un contro corrente a Kiev.