La brutta storia dello shale gas – Terza parte , i costi

Adesso parliamo di soldi ,ovvero di quanto costa il tutto.
Abbiamo anche un problema di unità di misura, in quanto in Europa utilizziamo come unità di misura i metri cubi, mentre il mondo anglosassone utilizza i British Thermal Unit (BTU).
Il BTU non è una unità di volume, ma un indicativo dell’energia latente nel gas, ovvero il potere calorico.
Molto utile per stabilire la qualità del gas a prescindere dal volume e, secondo me più affidabile.
Ma questo è un altro discorso.

Il prezzo attuale per BTU negli usa del gas Shale è arrivato a 6 dollari, in aumento per via dell’inverno molto freddo che hanno appena passato e e perr via del fatto che si tanno accorgendo che possono utilizzarlo anche loro per riscaldarsi e generare energia elettrica.

A questo prezzo vanno aggiunti i costi minimi per la gassificazione ed il trasporto in Europa , i rapporti del world energy outlook, forse ottimisti, stimano che il costo delle infrastrutture, delle metaniere e degli impianti di rigassificazione in Europa , potrebbero costare fino a 5 dollari per BTU.
Noi europei potremmo quindi comprare il gas americano a 11 dollari per BTU.
Buone notizie , non è altissimo il prezzo, ma ci sono alcune cosette da considerare:
  • I margini di guadagno sarebbero molto bassi per le aziende e non si sa per quale motivo i privati dovrebbero investire nel settore. Polonia e alcuni stati limitrofi si stanno attrezzando (ne ho parlato nello scorso post), ma si tratta di programmi poco più che simbolici che si svilupperanno nel corso di un decennio solo se economicamente sostenibili.
  • il gas russo viene attualmente venduto a 10 euro al BTU in Europa, ma in realtà il costo totale di produzione e di trasporto ai russi è di soli tre dollari, garantendogli enormi guadagni e enormi margini di manovra, il gas shale americano , nel caso di pieno sfruttamento degli impianti , per via degli alti costi di estrazione e di trasporto è stimato intorno ai nove dollari circa, se non di più. Non ci sono spazi di manovra per competere economicamente.
  • Il problema Giappone. Il Giappone è il più grande importatore di gas del mondo , con il consumo in aumento per via della riduzione delle centrali nucleari, e lo paga fino a 18 dollari al BTU, garantendo un bel guadagno anche al costosissimo gas americano. Per quale motivo dovrebbero dirigere le metaniere in Europa?
Ecco un diagramma dei prezzi che spiega bene quello che vi ho appena esposto..
Il diagramma vi farà notare anche una strana dinamica del prezzo del gas Usa.
In Europa ed in Russia le estrazioni ed il prezzo del gas è regolato da contratti decennali, secondo forrmule matematiche legate o meno al mercato del prezzo del petrolio, a seconda dei casi.
Questo perchè gli investimenti enormi necessari per gli impianti devono essere sicuramente remunerativi per le aziende, specie nel caso della Gzprom Russa, sotto controllo statale.
Negli Usa, invece le aziende si sono fatte finanziare dalle banche e dagli azionisti e hanno immesso il gas direttamente sul mercato , come capitava.
Non solo, per via della particolare tecnologia impiegata i costi di estrazione si sono rivelati enormi, e un continuo finanziamento si rende necessario.
Dato che ogni azienda che produce si muove per conto suo e che i finanziamenti vanno rimborsati, le aziende sono comunque costrette a produrre, perlomeno per cercare di ripianare i costi, e a vendere a qualunque prezzo.
Si è creato un eccesso di offerta che le infrastrutture locali, , non erano in grado di assorbire.
Crollo dei prezzi generato da un eccesso di offerta e da scarsa pianificazione, non dal costo di estrazione, che rimane comunque estremamente elevato, ai limiti della sostenibilità economica.
Rimane quindi da fare una considerazione, per quale motivo gli Usa dovrebbero venderci in quantità apprezzabili il gas piuttosto che fare uno sforzo e venderlo ai giapponesi, che gli garantirebbero un guadagno molte volte superiore?
E per quale motivo questa operazione non viene fatta dai russi, per tagliargli fuori e saturare un mercato ricco, voglioso di gas senza fare tante storie?
Un motivo è che i gasdotti in Europa ci sono già, non richiedono altri investimenti e garantiscono comunque un bel guadagno.
I porti  più meridionali della Russia sono in Mar nero , e la Crimea sarebbe proprio adatta per diventare un bel centro di liquefazione, resta solo da vedere se la Turchia sia disposta a lasciar passare delle navi piene di gas metano a bassissima temperatura dallo stretto.
Rimarrebbero quindi come alternativa i porti di Leningrado e Kalinkigrad,
Ma chi glielo fa fare?
Il gas americano è una incognita, già ci sono avvisaglie che fanno intuire che le potenzialità della risorsa sono state sovrastimate, e comunque non saranno in grado di esportarne fino al 2020 , come minimo.
Meglio aspettare e vedere cosa succede.
Il Ministro del gas Tedesco, oggi ha appena dichiarato che “non esistono alternative credibili al gas russo”.