Vedere il FMI e il suo “risanamento” all’opera a Kiev, uno spettacolo esaltante.

Ho già parlato del FMI e della sua visita iniziale in Ucraina, nel 2010 l’ex presidente Yanukovich, quello che è scappato in Russia, aveva chiesto aiuto a costoro, per realizzare la difficile impresa di risanamento dei conti pubblici.
I numeri ucraini, malgrado i toni apocalittici miei e di molti altri , non sono, sulla carta così drammatici, un paese sottosviluppato, con quaranta milioni circa di abitanti, un debito pubblico di 37 miliardi di dollari e un PIL di circa 147.
Una esposizione bancaria di 32 miliardi , nei confronti di istituti stranieri , conclude il quadro.
I numeri sono cambiati abbastanza, da febbraio ad adesso , ma un idea ve la potete fare lo stesso.
Yanukovich, viste le richieste del FMI, si affrettò a rimandare a casa gli ispettori e a cercare un accordo con la Russia.

Non gliandò molto bene, come sapete.
Il problema principale dello stato Ucraino non è solo quello che fa , ovvero condurre una politica interna ed estere a dir poco demenziale, ma quello che non fa, ovvero raccogliere le tasse.
Le entrate fiscali consistevano in accise, tasse sul reddito, imposte e contributi pensionistici, sempre assai insufficienti a coprire le uscite.
I soldi essenzialmente venivano spesi in salari e stipendi degli statali, pochi, a dire il vero ,sarebbero 420’000 su quaranta milioni, a ripianare il buco delle pensioni (nel 2013 il gettito dei contributi ha coperto tra si e no un quinto del totale) e in una miriade di esenzioni edi agevolazioni per privati ed aziende.
Ho parlato della Vodokanal, l’azienda che si occupa di distribuire l’acqua a Kiev e circondario.
Vecchia, con impianti obsoleti e piena di dipendenti sull’orlo della pensione, ricavava dale bollette tra si e nò da coprire metà delle spese.
Lo stato ucraino, per mantenere le clientele e per scopi elettorali, la aiutava nel solito modo, ovvero gli regalava la corrente elettrica e periodicamente versava dei soldi quando serviva..
Ovviamente l’azienda che distribuiva la corrente elettrica a sua volta non incassava dei soldi, e si rifaceva  sulle centrali, le centrali sui russi ecc.ecc.
In questo modo lo Stato Ucraino, nel tempo, è riuscita a gettare quantità incredibili di denaro pubblico.
E qui entrano in gioco gli oligarchi, ovvero coloro che, dopo aver comprato a bassissimo prezzo dei monopoli statali, li hanno trasformati in monopoli privati, guadagnando cifre favolose.
Questi sistema di “incentivi”statali, ovvero la distribuzione di gas, energia acqua e simili a meno del puro costo non veniva sfruttato solo dai privati, che pagavano tariffe assurde per acqua, gas, energia e riscaldamento, ma diventava fondamentale per le aziende private.
Il gas russo scorreva copioso, nel 2000 costava 50 dollari ogni mille metri cubi, contro i circa 400 di adesso, otto volte di meno.
L’energia a basso prezzo ha fatto si che le aziende che ne dovevano usare molta, come aziende chimiche, fabbriche di fertilizzanti ecc. si attrezzassero per l’uso del gas come combustibile,e come materia prima, nel caso dei fertilizzanti.
Non solo, molti di questi oligarchi, grazie a solidi contatti politici, e a ancora più robuste mazzette, hanno potuto avere il prezioso “oro blu” a meno del prezzo di costo, diventando estremamente competitivi  rispetto alla concorrenza e guadagnando cifre assurde.
Emblematico è il caso delle megafabbriche che fabbricano fertilizzanti in Ucraina, con il prezzo del gas a 268 dollari il 70 per cento dei costi di produzione serve a coprire la bolletta del gas, con il gas a 368 dollari, beh, ciao ciao…
Ovviamente questi guadagni non sono serviti per rinnovare le aziende, che sono rimasti gli stessi carrozzoni dell’epoca sovietica.
Una bella riverniciata, qualche rattoppo ai macchinari e un bel conto in svizzera, e via così.
Il FMI, come primo provvedimento aveva chiesto la fine di questi contributi e l’impossibilità di chiedere sconti sul gas a Mosca, che altrimenti sarebbero stati considerato come aiuti di stato..
Questo i giornaloni si dimenticano di dircelo.
Solerte il nuovo governo di Kiev esegue  i diktat del Fondo Monetario Internazionale, cominciando ad aumentare le tariffe dei servizi ai privati ed alle aziende.
La Russia, che non è governata da boccaloni, per aiutarli aumenta ulteriormente le tariffe e passa al pagamento anticipato, è l’Europa che lo chiede, giusto?.
Il risultato immediato, che tutti gli ucraini possono avvertire , è un grosso aumento generalizzato di tutte le bollette e  una riduzione delle pensioni (la parte eccedente al minimo è stata decurtata del 50%) .
Ma il vero terremoto deve ancora arrivare, la fine dei contributi alle aziende , (miniere, centrali fabbriche, ecc.ecc..) causerà una serie di fallimenti a catena, , dato che non saranno più competitive.
L’insolvenza di praticamente tutti gli enti pubblici, scuole, orfanotrofi, ospedali , ecc,ecc, che non pagano da tempo le utenze e non ricevono finanziamenti dal governo centrale, è un altro sintomo della crisi in arrivo.
E , nel silenzio generale e senza troppe proteste, i tagli voluti dal FMI, continuano, tagli alle pensioni, allo stato sociale, alla sanità e tutto il resto.
I prezzi e le tasse aumentano, sempre in nome del “risanamento”.
L’obbiettivo dei solerti funzionari del FMI e dei membri della commissione europea è prima di tutto garantire la “solvibilità”, ovvero il pagamento delle cedole del debito pubblico, poi intervenire nel settore bancario, al fine di tutelare i crediti , e alla fine, si spera, di risollevare il paese.
In Polonia, vi diranno loro, ha funzionato, certo , erano altri tempi, l’economia tirava e 200 miliardi di dollari (degli anni 80 , non di adesso) arrivarono , per finanziare strade, scuole e fabbriche. 
Purtroppo credo che l’Ucraina dovrà farcela da sola.
Le autorità europee sperano adesso nei miliardi provenienti dalle aziende private, che si affretterebbero a comprare le decotte aziende ucraine e a battersi con l’asfissiante burocrazia del luogo.
Come no, i gasdotti, le miniere e i vari giacimenti saranno i primi a volare in mani straniere, così come le municipalizzate che gestiscono i servizi, adesso che i prezzi sono alti e si può guadagnare.
Ma a dei privati disposti ad investire miliardi e miliardi in acciaierie da rottamare o a impianti industriali con macchinari vecchi di cinquant’anni, ci credo poco.
Non quando lo stesso investimento lo possono fare fuori dall’Europa, in Africa o estremo oriente.
Diavolo, non si trova un disperato disposto a comprarsi l’ILVA, che , malgrado tutto è quasi a posto e guadagna, figurarsi una acciaieria ucraina vecchia di cinquanta anni che lavora praticamente solo con la Russia.
E le prospettive , nei prossimi cinque-dieci anni , come minimo, non sono affatto buone.