Ucraina: anche Kissinger lo aveva capito

All’interno dell’establishment americano esistono diversi punti di vista sulla questione ucraina e crimeana, essi sono sintetizzati dai due “pesi massimi” della teoria geopolitica americana: Kissinger e Brzezinski

Henry Kissinger, il 5 marzo 2014, prese distanza dalle posizioni del falco Zbigniew Brzezinski, infatti quest’ultimo auspicava per una risposta armata dell’Alleanza Atlantica in merito alla aggressione di Putin contro Kiev. Kissinger capì che la Russia non avrebbe mai permesso all’Ucraina di diventare un membro della Nato. L’Ucraina non può diventare una nazione estranea ed avversa alla sfera russa (https://www.washingtonpost.com/opinions/henry-kissinger-to-settle-the-ukraine-crisis-start-at-the-end/2014/03/05/46dad868-a496-11e3-8466-d34c451760b9_story.html?utm_term=.0b16208e0eed)

In politica è importante come va a finire, non come inizia.

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Il vero errore – e H.K. ci ha visto bene – è considerare la questione ucraina come una sorta di resa dei conti: se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere l’avamposto di nessuno dei due contendenti, anzi dovrebbe fungere da ponte tra loro. Secondo questa ottica, se la Russia tentasse di trasformare in modo forzato l’Ucraina in uno stato satellite (di fatto la Russia sposterebbe di nuovo i suoi confini), Mosca sarebbe condannata a ripetere nuovamente il ciclo di contrapposizione con Europa e Stati Uniti.

La lentezza burocratica e la subordinazione della UE nei negoziati con l’Ucraina hanno contribuito a trasformare la trattativa in una crisi. La politica estera è l’arte di stabilire le priorità, lezioncina che gli europei non hanno ancora ben appreso (ma questo ormai non dovrebbe stupire più di tanto).

La Crimea – dove il 60 % della popolazione è russa – divenne parte dell’Ucraina solo nel 1954, quando Nikita Kruscev la regalò durante la 300° celebrazione dell’accordo russo con i cosacchi (Trattato di Pereyaslav https://en.wikipedia.org/wiki/Pereyaslav_Council).

In Ucraina, in questo momento storico è necessario capire che non va commesso l’errore di usare il suolo ucraino per il confronto Est-Ovest. Una saggia politica di bilanciamento dei rapporti di forza, dove la realpolitik si intreccia con la politica distensiva, vedrebbe gli Usa cercare una qualche forma di cooperazione e di riconciliazione tra le fazioni ucraine. Il grave errore americano è quello di imporre il dominio di una fazione.

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Lo stesso H.K. afferma che l’Ucraina non dovrebbe entrare nella Nato, dovrebbe scegliere liberamente le sue associazioni economiche e politiche, dovrebbe creare un governo compatibile con la volontà del suo popolo, dovrebbe cercare di adottare una politica di riconciliazione tra le varie parti del paese e dovrebbe comportarsi come la Finlandia, ovvero essere indipendente e collaborativa nei confronti dell’Occidente e non ostile nei confronti della Russia.

Il cuore del problema risiede nell’allargamento della Nato, questa strategia tenderà a spostare l’Ucraina fuori dall’orbita della Russia, ma l’Occidente non è assolutamente disposto ad integrarla. Fin dalla metà degli anni ’90 i leader russi si erano opposti a tale allargamento e negli ultimi anni hanno chiaramente espresso che non accetteranno mai la trasformazione di stati confinanti “strategicamente importanti” in barriere Nato filo-occidentali.

L’unico punto su cui ormai non vale più la pena di discutere è uno: la Crimea appartiene alla Russia. Quando Putin ha capito che la Nato voleva una base navale nella penisola e che con ciò avrebbe minacciato i suoi interessi strategici fondamentali, e in primis il suo accesso al mar Nero e quindi al Mediterraneo, la Russia se la è ripresa.

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Nessuno avràsoddisfazione assoluta” e forse tutti avranno “insoddisfazione equilibrata“, ma nel frattempo attendiamoci ancora anni di geopolitica del disordine

BY Alessia     http://liberticida.altervista.org/