Trump non digerisce la global Web Tax

G20 Fukuoka, Giappone. E’ la volta buona che raggiungono l’accordo sulla tassazione dei colossi tech per pagare le imposte?

Da alcuni anni al G20 emerge la volontà di tassare i colossi tech sulla base del luogo in cui i ricavi di Google, Amazon e Facebook vengono realizzati anche nel caso in cui la società non abbia una sede legale nel Paese in questione. Il problema deriva dal fatto che i colossi attuano sempre forme di elusione tributaria. Il giovane business digitale sfrutta il fatto che è impossibile ripartite le competenze in materia di tassazione tra i diversi Paesi. Occorre a livello internazionale una più equa tassazione dei colossi del web, questi infatti si appoggiano su Paesi in cui trasferiscono gli utili soggetti poi a bassissima tassazione.

I colossi tech ricorrono indiscriminatamente ad una tassazione minore, a prescindere dal luogo in cui sta acquistando il cliente finale. Multinazionali e-commerce con poca concorrenza che offrono prodotti a prezzi minori, ma che evitano di fare i conti col fisco a livello mondiale.

La prima ipotesi è di sottoporli al sistema dove le aziende vendono beni e servizi (seguono la tassazione del paese dove la compravendita avviene, anche se la presenza fisica della compagnia è altrove). La seconda ipotesi è di applicare una aliquota globale unica.

Nasce la necessità di introdurre il concetto di imposte su società a fiscalità internazionale: troppe le volte che vengono elusi i ricavi di aziende che vendono pubblicità su internet, viaggi, quindi non si parla solo di motori di ricerca e mercati digitali. Nessuno vuole applicare a queste aziende una doppia imposizione, infatti l’ideale sarebbe una unica imposta a queste imprese.

Il problema è che le imprese di Silicon Valley si prenderebbero una bella mazzata, ma hanno continuato a mantenere le loro sedi in Irlanda e Lussemburgo e continuano a fare concorrenza sleale. L’Ocse indicò l’anno scorso che quasi tutti i paesi membri vorrebbero una revisione del sistema fiscale internazionale, obsoleto nel caso della digital economy. Ma il protezionismo americano di Trump è solo capace di guerre economiche, usa i dazi come ritorsione. Riporto un riassunto del canale Telegram di DeshGold.com (https://t.me/deshgold) del 02 giugno 2019:
Se potessi tornare indietro di 6/8 anni e dire a te stesso che gli USA avrebbero intrapreso le seguenti azioni ci avresti mai creduto?
2016 – Scissione dall’accordo multilaterale sul nucleare Iraniano;
Giugno 2017 – Scissione dall’accordo internazionale sul clima di Parigi;
Ottobre 2017 – Uscita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO);
Inizio 2018 – Uscita dal Partenariato Trans-Pacifico;
Giugno 2018 – Uscita dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
Agosto 2018 – Uscita dall’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio (NAFTA); Uscita dall’UNRWA.
Gennaio 2018 – Tariffe (30-50%) su pannelli solari e lavatrici;
Marzo 2018 – Tariffe su acciaio (25%) e alluminio (10%) applicati a vari Paesi tra cui Cina; a maggio estese a Unione Europea, Canada e Messico;
Luglio 2018 – Tariffe (25%) su vari beni importati dalla Cina;
Maggio 2019 – Tariffe (5%) su tutti i beni importati dal Messico; con la clausola di aumentarli ogni mese fino ad un massimo del 15%;
Tre giorni fa – Interruzione degli accordi commerciali con l’India.

Se non ne avete abbastanza, guardatevi il video di “Un fisco per l’estate” – Puntata di Report Rai3 del 10/06/2019 di Manuele Bonaccorsihttp://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Un-fisco-per-lestate-a4517bb9-0a9a-445d-9545-a41b7a3ff852.html

Se avete visto la puntata summenzionata di Report sentirete parlare di Delaware. Negli ultimi anni il Delaware ha attuato leggi che lo rendono la miglior giurisdizione per la formazione di società. Offre la migliore protezione per chi non vuole rivelare la propria identità come beneficiario di una società e promuove elevati livelli di segreto bancario: non rivela i dettagli sui conti societari. Consente inoltre alle aziende di ri-domiciliarsi entro i propri confini, infatti questo stato della East Coast ospita circa il 50% delle imprese quotate degli USA. Gli stati americani del Delaware, Wyoming e Nevada sono da decenni all’opera come paradisi nel segreto on-shore, si sono specializzati nella creazione di società di comodo per chiunque desidera nascondere i beni d’oltremare. Gli Stati Uniti sono stati pionieri nell’attaccare le giurisdizioni estere dove esiste il segreto sui conti, ma contemporaneamente forniscono poche informazioni ad altri paesi: tutto ciò li rende irresponsabili davanti alla giurisdizione del segreto. (Lo avevo spiegato bene qua http://liberticida.blogspot.com/2016/03/segreto-bancario-io-ce-lho-e-tu-no.html)

Ma come sempre «Gli Stati Uniti sono convinti della propria opposizione contro la tassa sui servizi digitali e faremo del nostro meglio per diffondere questo punto di vista in tutto il mondo», ha detto Brian Jenn, consigliere per il fisco internazionale del dipartimento del tesoro di Washington. «Queste sono misure politiche e potrebbero avere quindi conseguenze politiche e influenzare i negoziati in sede Ocse» tratto da https://www.startmag.it/mondo/ecco-come-lamerica-minaccia-italia-francia-e-spagna-sulla-web-tax/ del 21 maggio 2019

Rusty Trumpone si arrabbia per una web tax quando sistematicamente distrugge l’intero sistema commerciale e diplomatico internazionale. Applausi. Alessia C. F. (ALKA) di Liberticida e OraZero