Sicurezza prima di tutto! – un racconto sul traffico di quarantadue anni fa!

Oggi presentiamo un racconto , di Alan Dean Foster , un famoso scrittore e sceneggiatore, molto attivo negli anni 70 e 80.
Si parla di fantascienza, quella degli anni d’oro, 70 e 80 del secolo scorso , con una smaccato senso critico e un modo particolare di porre i problemi sociali.
Genere letterario negletto e, ancora oggi, visto con sufficienza dagli intellettuali, ma capace di livelli altissimi , tipo le Opere di Bradbury, Sturgeon e Sheckley, solo per citarne alcuni (ricordate Blade Runner?)
E questo è anche un epitaffio alla fantascienza, come genere letterario è andata definitivamente a puttane verso l’anno 2000, con pochissime eccezioni , travolta da zombi, vampiri e pessima fantasy.

Ruequiescat in pace.
Speriamo che al Mondadori non mi rompa con i diritti d’autore, si tratta pur sempre di un racconto scritto quarantadue anni fa!

Sicurezza prima di tutto

di Alan Dean Foster

Titolo originale: Why Johnny Can’t Speed
Traduzione di Delio Zinoni
© 1971 Galaxy

Spettabili coniugi Merwin,
è mio doloroso dovere informarvi che vostro figlio Robert L. Merwin è stato
ucciso sull’autostrada per  San Diego, direzione sud, nei pressi del secondo
svincolo di Irvine Ranch, contea di Orange.
In base a quarto ci è stato possibile ricostruire, il giovane Robert ha conteso
un cambio di corsia con una Cadillac Marauder nera. Non risulta allo scrivente
alcuna violazione del codice stradale del nord America, ma vi terrò informati se
dovessero venirne alla luce. Sono in corso le normali indagini. L’altro veicolo
coinvolto è noto alla polizia della contea di Orange. Il suo guidatore è stato
interrogato, ma non trattenuto. Sono allegati i dettagli e i particolari. Vi prego
di accettare le mie personali condoglianze.
Sinceramente vostro,
George Wilson Angel
Capo Divisione California meridionale
Polizia Stradale della California

Allegati: rapporto sull’incidente;
rapporto del medico legale.

Frank Merwin ripiegò la lettera, la rimise nella busta e la mise sul tavolino, vicino
alla radio. Strinse più forte a sé la moglie. I singhiozzi della donna si erano fatti meno
isterici, ora che lo shock iniziale si era attenuato. Frank riusciva a tenere l’emozione
sotto controllo abbastanza bene, ma lui guidava da vent’anni  nella zona di Los
Angeles, e ne aveva viste molte. Quando parlò nella sua voce c’era tanta amarezza
quanto dolore.
— Diavolo, Myrt! Oh, diavolo!
La fece sedere sul grande divano bianco e andò in mezzo alla stanza, fermandosi lì
e stringendo e allargando le mani, dietro la schiena, fissando assorto il disegno
intrecciato delle piastrelle.
— Accidenti, Myrtle, glielo avevo detto! Glielo avevo  detto!  «Senti, figliolo, se
proprio vuoi andare fino a  San Diego da solo, prendi almeno la Pontiac! cerca di
essere ragionevole» gli ho detto. Non so cosa abbiano in  testa i ragazzi al giorno
d’oggi. Penseresti che mi avrebbe ascoltato, almeno questa volta. Dopo tutto, io ho
guidato da Indianapolis fino a Los Angeles, e sono stato sfidato solo due volte lungo
la strada, due volte! Ma no, ha voluto fare il gradasso! «Senti, papà, questa è una cosa
che devo fare da solo. Con la mia macchina» ha detto! Lo sapevo che avrebbe avuto
dei guai con quella Volkswagen. E glielo avevo detto un sacco di volte, anche. Ma
no, tutto quello che ha saputo dirmi è stato: «Il peggio che possa capitarmi sarà di
dover far manovra per sfuggire a qualche altra auto, giusto? Hai visto come sguscia
quella macchinetta, no? E se dovessi trovarmi nei guai,  qualsiasi altra VW sulla
strada è obbligata per giuramento ad aiutarmi… nella maggior  parte delle azioni,
almeno». Cosa vai a dire a un ragazzo così, Myrt? Come fai a fargli entrare qualcosa
in testa? — La sua faccia mostrava totale sconcerto. Il pianto di sua moglie si era un
po’ calmato. La donna si stava asciugando gli occhi con un fazzoletto del marito.
— Non lo so nemmeno io. Ancora non capisco perché dovesse guidare fin laggiù.
Non poteva prendere la ferrovia, Frank? Perché?
— Oh, lo sai perché. Cosa avrebbero detto i suoi  amici? «È arrivato Bobby
Merwin, che ha troppa paura per guidare la sua auto» e fesserie del genere. — Il suo
sarcasmo stava diventando sempre più amaro. — Doveva provare di essere un uomo,
quell’idiota! Era già andato da solo sulle autostrade, che bisogno aveva di fare una
spedizione al di là del confine della contea? Maledizione, se doveva dare prova di
coraggio perché non farlo su una grossa  auto? Neanche una Volkswagen elaborata
professionalmente può montare molta roba. E  a parte tutto il resto, doveva avere il
buonsenso di evitare certe sfide. Aveva fatto la Scuola Guida! Si è mai vista una VW
contendere la posizione a una Cadillac? E a una Marauder, niente meno! Dov’erano i
suoi amici, eh? L’avevo avvertito di stare attento ai tratti di traffico leggero fra qui e
Diego, dove se suoni non c’è nessuno vicino per aiutarti, e qualche psicopatico può
sorprenderti alle spalle da una rampa di accesso!
Si interruppe per riprendere fiato, tornò al tavolino e prese la lettera. Conoscendo
già il contenuto, la guardò solo brevemente. La porse a sua moglie, ma lei non la
volle, così la rimise sul tavolino.
— Sai cosa devo fare adesso, vero?
Lei annuì, tirando su col naso.
— Bob stava portando un regalo a un suo amico. Adesso dovrò consegnarlo io.
Lei lo guardò, senza molta speranza. Conosceva Frank.
— Non credi…
Lui scosse la testa. La sua espressione era gentile, ma ferma.
— No, amore. Lo porto io. Mi rifiuto  di spedirlo, e certamente non prenderò il
treno. Non dopo tutti questi anni. No, andrò per la stessa strada che ha preso Bob. Ma
prima farò revisionare per bene la J.J.
La donna si guardò attorno con sguardo  spento, pizzicando il rivestimento del
divano.
— Almeno la porterai…
— Da Hector? Certo. È caro, ma vale i  suoi soldi. Il miglior meccanico in
circolazione. Mi piace lavorare con lui. Almeno so che ho speso bene i miei crediti.
Non posso mica andare da un altro, adesso, no? Non vorrei che si facesse l’idea che
abbiamo dei pregiudizi, o qualcosa del genere. Sono cinque anni che andiamo da lui.
Quasi mi sono dimenticato cos’è…

— Andate fino a Diego, eh, signor Merwin? — disse l’ossuto messicano. Stava
cercando di togliersi il grasso dalle mani con uno straccio unto che ormai non era più
in grado di assorbirne.
— Già. Capite cosa intendo quando dico che deve essere in perfetta efficienza?
— Ciertamente! Volete aprirla, per favore?
Frank annuì e raggiunse la J.J., ferma appena oltre la saracinesca blindata del
garage. Si infilò nel sedile bene imbottito, formò la combinazione a tre cifre
dell’avviamento e pigiò il pulsante che apriva il cofano. Non appena il cofano
cominciò ad alzarsi, scese lasciando le chiavi infilate. Hector era già chino sul motore
a studiarlo con aria intenta.
— Ecco, signor Merwin, da quello che posso vedere direi che almeno il motore è
in condizioni eccellenti, sì, eccellenti! Volete che la rifornisca per bene?
Frank annuì in silenzio. Non era per niente sorpreso dalla rapida ispezione del
motore. Dopo tutto, la J.J. aveva usufruito delle migliori cure professionali, e di una
buona dose del suo lavoro, fin da quando l’aveva acquistata. Hector non alzò lo
sguardo, mentre toglieva il pannello protettivo del cannoncino destro calibro 70.
— Posso chiedervi che tragitto farete?
Frank aveva tirato fuori la pipa di schiuma e la stava riempiendo.
— Hmm. Prenderò per Burbank fino all’autostrada, e mi immetterò lì. Farei un po’
prima per Ventura, ma in un viaggio così lungo qualche minuto in più o in meno non
fa molta differenza, e non vedo l’utilità di affrontare lo svincolo.
Hector annuì con aria dì approvazione. — Giusto. Sapete, signor Merwin, dovrete
affrontare due tratti molto brutti. Ho letto… di vostro figlio. Mi dispiace. La jornada
de la muerte viene per tutti, prima o poi.
Frank si fermò, mentre accendeva la pipa. — Non c’è stato niente da fare — disse
seccamente. — Bob non si rendeva conto di quello a cui andava incontro, ecco tutto.
La colpa è anche mia, ma cosa potevo fare? Aveva diciotto anni, e secondo la legge
non avevo il diritto di trattenerlo. Ha voluto fare una cosa troppo grande per lui, ecco
tutto.
Uno degli assistenti di Hector, sporco di grasso come il suo capo, aveva portato un
carrello con le munizioni. Il meccanico gli fece cenno di andarsene, e cominciò lui
stesso a caricare. Frank apprezzò il gesto.
— Era una Cad, vero?
— Sì. — Si era chinato alle spalle del meccanico, per seguire meglio il
procedimento. Non si sa mai cosa capita di fare da soli sulla strada. — Cosa mi date,
proiettili esplosivi o corazzati?
— Misti. — Hector abbassò il coperchio del caricatore che si chiuse con un colpo
secco. Poi andò a prendere una piccola scala curva e l’appoggiò alla macchina. Vi
salì e controllò la torretta sul tettuccio,  fatta costruire appositamente da Frank. —
Vengono sparati in sequenza alternata. È vero che costano  di più, ma dopotutto la
macchina di vostro figlio è stata distrutta da una Marauder Nera?
— Sì, infatti — disse Frank. solo moderatamente sorpreso. — Come lo sapete?
— Oh, nel nostro giro le voci corrono alla svelta. Ho già sentito parlare di quella
macchina. Mi risulta che il proprietario  faccia buona parte del lavoro da solo. È
difficile sapere cos’ha montato. Se pensate…
Frank si strinse nelle spalle e guardò da  un’altra parte. — Non si sa mai chi si
incontra sulle strade, di questi tempi, Hector. Non sono mai stato uno che scappa da
uno scontro.
— Non volevo dire questo. Sappiamo tutti qual è il vostro curriculum di
combattimento, signor Merwin. Non ci sono tanti assi come voi, da queste parti.
Indicò il fianco della macchina. Vi erano dipinte undici sagome. Quattro di media
cilindrata, quattro piccole (matti: gente di fegato ma matti), due sportive (ragazzi) tre
Jaguar e una Vet, ricordava. Sorrise fra sé. La velocità non era tutto. E una più
grande, d’oro. Passò la mano sul disegno, con affetto. Quello l’aveva beccato nel
leggendario viaggio da Indianapolis, nell’83… no, ’82. Era stata un osso duro
l’Imperial, e a essere sinceri lui aveva avuto una fortuna sfacciata. Ma allora era
giovane, e non si rendeva bene conto dei rischi. I colpi di rimbalzo sono sempre un
rischio, ma diavolo, chiunque può sparare alle gomme! Così pensava vent’anni prima.
Ma adesso la sapeva più lunga, no?
Si chiese se Bob avesse cercato di fare qualcosa di altrettanto folle — Be’, state
attento, signor Merwin. La Marander è appena uscita dalla fabbrica. Se equipaggiata
per bene, può montare tante armi da far fuori una corriera.
— Non preoccuparti, Hector. So prendermi cura di me. — Stava controllando il
rivestimento di nylon delle gomme posteriori. — E poi, la J.J. ha anche lei in serbo
qualche sorpresa.

Fuori faceva già caldo alle cinque del mattino. Il servizio meteorologico prevedeva
una massima di 40 gradi per Los Angeles. Lui sarebbe già stato lontano, per allora,
ma anche con il condizionatore acceso, poteva far caldo. Lo accese, mentre usciva a
retromarcia dal garage, e si dirigeva verso la Burbank.
Era ancora troppo presto perché ci fosse molto traffico, e incontrò poche macchine
mentre percorreva il Van Nuys Boulevard, verso la rampa di accesso di Sepulveda.
Una Rambler, ferma a un semaforo, fu un po’ lenta a rimettersi in moto quando
scattò il verde. Frank suonò una volta il clacson, e il guidatore del veicolo, segnato
bene in grande come neutrale, si affrettò a cedergli il passo. In teoria tutte le auto
sulle strade urbane erano uguali. Ma alcuni erano più uguali degli altri.
Lo svincolo di Sepulveda era ottimo per immettersi sul sistema autostradale anche
per altre ragioni, oltre a quella che era la via migliore per superare il nodo di Ventura.
La rampa di accesso, invece di andare in salita, scendeva da un’alta collina. Questo
permetteva alle macchine più vecchie di acquistare velocità preziosa, e forniva inoltre
al guidatore una panoramica del traffico sottostante.
Passò accanto al parcheggio della stazione di Kester. Stava appena cominciando a
riempirsi di pendolari, che abbandonavano passivamente i propri veicoli, per salire
sul sistema di trasporti pubblici. Che genere di gente era quella, che barattava un
diritto inalienabile in cambio della sicurezza del gregge, si chiese per la millesima
volta. La nazione stava definitivamente perdendo la spina dorsale. Scosse la testa con
aria triste, mentre con occhi esperti sorvegliava lo scorrere del traffico sotto di sé.
Il trasporto di massa aveva richiesto, e  richiedeva ancora, un sacco di soldi. Uno
dei sistemi usati dai governi coinvolti (cioè quelli della maggior parte delle nazioni
industrializzate ed evolute) per procurarsi le somme necessarie, era stato quello di
ridurre le costose forze motorizzate necessarie per regolare il traffico autostradale su
lungo raggio. Con il crescere dei tagli, era diventata abitudine, per le poche pattuglie
rimaste, lasciare che gli autisti risolvessero da sé le loro dispute. Questa tendenza
aveva ricevuto la sua sanzione definitiva dalla sentenza della Corte Suprema nel caso
Brier contro Matthews e lo Stato del Texas, del ’79, in cui si stabiliva che ogni
tentativo di regolamentare il traffico sulle autostrade nazionali era una violazione al
Primo Emendamento della Costituzione.
Qualsiasi automobilista che non se la sentiva di affrontare eventuali dispute poteva
rivolgersi al nuovo sistema pubblico di trasporti, che scorreva in gran parte lungo il
centro o ai lati delle vecchie autostrade.  I benefici erano stati immediati: meno
inquinamento, anche quello che derivava  dai nuovi motori con turbina a vapore e
trazione elettrica, fine dei problemi di parcheggi nel centro delle grandi città, e molti
altri. Per la prima volta  da quando erano state costruite, le autostrade furono
percorribili, perfino nelle ore di punta, a velocità vicine a quelle per cui erano state
progettate. E gli psicologi cominciarono a consigliare la guida come terapia per le
persone affette da istinti violenti, e perfino a quelli con istinti omicidi.
Alcuni (senza dubbio sporchi simpatizzanti  comunisti e radicali, anti-americani)
avevano condannato la proliferazione di  strumenti di dissuasione nelle grosse auto.
Certi sciocchi avevano parlato persino di una corsa agli armamenti tra i fabbricargli
d’auto. Le macchine tedesche avevano avuto un grosso aumento delle esportazioni,
per la prima volta da decenni. Lamiere corazzate, vetri antiproiettile, qualche arma…
Come diavolo pensavano che uno potesse Guidare Sicuro. quegli scemi?
Diede gas al motore, e la berlina super-potenziata rombò lungo la rampa,
acquistando un’inutile ma impressionante accelerazione. Frank aveva sempre creduto
nell’immissione aggressiva. Fagli capire subito chi sei, altrimenti ti mettono le ruote
sulla testa. In quell’occasione non ce n’era proprio bisogno: c’erano soltanto altre due
macchine nelle vicinanze, entrambe sulle corsie più lontane.
Passò lentamente da una corsia all’altra, finché non  fu alle spalle delle due,
guardando sempre gli specchietti retrovisori per essere sicuro che non arrivasse
qualche veicolo lanciato. Ma la strada era vuota, e non ebbe difficoltà a raggiungere
la quarta delle cinque corsie. Qui era più tranquillo. C’era un sacco di spazio per far
passare i tipi litigiosi e poteva mantenere una velocità decente senza dover competere
con quelli che non volevano essere superati. Portò la J.J. a centoventi, una velocità
tranquilla, e si preparò al lungo viaggio.

Vide solo due carcasse mentre superava il raccordo di Sepulveda: un numero
normale per quell’ora del giorno. Gli equipaggi delle eligru stavano probabilmente
cambiando turno, per cui le carcasse sarebbero rimaste un po’ più a lungo che durante
le ore di traffico più intenso.
Il primo scontro lo vide mentre si avvicinava alla rampa di accesso di Wilshire. Si
affrontarono due utilitarie. La corsia di destra era occupata da una Toyota a quattro
porte. Un’Honda coupé, rombando per accelerare sulla salita, uscì dalla rampa in
cattiva posizione. Era necessario che l’una e l’altra rallentasse e la berlina, avendo il
vantaggio della posizione, rifiutò ovviamente di essere lei a  farlo. Invece di
prendersela calma, la Honda mantenne la velocità originale e sparò una bordata senza
preavviso dalla piccola mitragliatrice girevole montata sul finestrino (una calibro 25,
giudicò Frank). La berlina sbandò paurosamente, mentre il guidatore, sorpreso,
perdeva per alcuni istanti il controllo.  Poi si raddrizzò, e riprese la posizione
precedente. Frank e le macchine alle sue  spalle rallentarono per fornire ai due
contendenti spazio di manovra.
I vetri blindati resistettero ai proiettili, e la Toyota cominciò a rispondere al fuoco:
equipaggiamento di serie, simile a quello della Honda, giudicò Frank. Ormai erano
alla fine della corsia d’ingresso. Rifiutando disperatamente di cedere, la coupé sterzò
di colpo davanti al muso della berlina. L’autista della Toyota si spostò senza
difficoltà sulla seconda corsia, poi sterzò bruscamente verso destra. In quella
posizione, il cannoncino della fiancata era puntato in pieno sulla coupé. Un lungo
scoppio indicò che una gomma era partita. Con un movimento quasi al rallentatore, la
Honda fini contro il guardrail e volò dall’altra parte, scomparendo. Nello specchietto
retrovisore, Frank intravide i primi sbuffi  di fumo, mentre superava il luogo dello
scontro.
Adesso che il combattimento era finito, Frank premette fino in fondo
l’acceleratore, rivolgendo un rapido saluto al vincitore. Gli venne restituito
cortesemente. Considerando le scarse armi di cui disponeva, quel tipo se l’era cavata
alquanto bene. La manovra di ritorno era stata abile, ma sarebbe stata inutile contro
una macchina più grossa, come quella di Frank, per esempio. Tuttavia, gli autisti di
utilitarie erano una razza particolare, e spesso sopperivano alla scarsità di potenza e
di armamento con l’audacia e il coraggio. La domenica mattina Frank guardava
ancora religiosamente  Don Railman e la sua Supersub,  anche se l’indice di
gradimento si era abbassato notevolmente dall’anno prima. E non si sarebbe mai
dimenticato di quella volta che al Telemanuale dell’autoelaboratore, con il vecchio
Ev Kelly, avevano fatto una trasmissione  speciale su una Mighty Mite artigianale
bassissima e accorciata, che aveva un  cannoncino anticarro Webeor abilmente
nascosto nel bagagliaio anteriore. No, meglio non prenderle troppo alla leggera le
utilitarie, neanche le mini.
Superò lo snodo di Santa Monica senza  difficoltà. In effetti, l’unica cosa che
assomigliasse a una sfida, durante l’intero  tratto di Los Angeles, gli capitò qualche
minuto dopo, mentre superava lo svincolo dell’Aeroporto.
Una Vet nuova, lucida e dorata, gli arrivò alle spalle strombazzando. e rimase lì,
incollata. Quella era già una provocazione. Poteva vedere chiaramente chi guidava:
una ragazza di meno di vent’anni. Più  o meno dell’età di Bob, pensò Frank
amaramente. Senza dubbio quella bomba gliel’aveva comprata il paparino. Continuò
a suonargli, insistentemente. Frank l’ignorò. Poteva superarlo da una parte o
dall’altra, senza difficoltà. Invece gli sparò una raffica di proiettili traccianti. Quando
lui continuò a ignorarla, fece una smorfia di fastidio e lo superò. Con una risata, gli
rivolse un gesto osceno, che anche Frank,  non poi così vecchio, poté identificare.
Frank diede una secca sterzata, e riportò immediatamente indietro il volante.
L’espressione di superiorità della ragazza sparì immediatamente, sostituita da una di
paura. Quando si accorse che era semplicemente una finta, sorrise di nuovo, anche se
con aria molto meno arrogante, e schizzò via ad almeno centocinquanta all’ora.
Stupida ragazzina, doveva stare attenta a come si comportava, o non sarebbe
arrivata a 30.000 chilometri. Forse avrebbe dovuto darle una lezione, magari farle
saltare una gomma. Oh, al diavolo! Aveva un sacco di strada da fare. Che se ne
occupasse qualcun altro.
Si fece molto più attento dopo aver lasciato Santa Ana ed essere entrato nella zona
di Irvine. A quell’ora del giorno c’era un po’ di traffico di pendolari, e qualche
innocuo bagnante. Vide solo una Cadillac, una vecchia Thunderhood gialla. Non
sapeva bene se sentirsi deluso o sollevato, quando si fermò al grill di San Clemente
per fare colazione. Avrebbe  potuto mangiare a casa, ma  aveva preferito uscire in
silenzio. senza svegliare Myrtle. Si sarebbe fatto un paio di uova, toast e pancetta,
godendosi la vista del Pacifico insieme  al caffè, malgrado le nuvole basse che si
stavano accumulando da una ventina di minuti. Sperava che non piovesse, anche se la
pioggia sarebbe servita ad alleviare la calura Il tempo era una delle ragioni per cui
evitava sempre le strade più lunghe, ma più sicure, attraverso il deserto. I temporali
nell’entroterra erano previsti dal servizio meteorologico, e anche il guidatore più
esperto tatticamente poteva venire fatto  fesso in un forte acquazzone. Preferiva
trovarsi in una situazione in cui il suo talento poteva operare senza le complicazioni
impostegli dalla natura.
Qualche goccia, grossa e pesante, lo colpì mentre usciva dal ristorante. Si era fatto
molto più buio, e c’era un’umidità insopportabile. Comunque, Irvine era dietro di lui,
ormai. Meglio arrivare in fretta a Diego e tornare a casa prima di notte.
Adesso aveva solo il tratto di Camp Pendleton, ben tenuto, e quello da Oceanside a
La Jolla, prima di incontrare ancora del traffico. Contrariamente alle antiche
previsioni, la popolazione della California aveva diretto la sua espansione verso
l’entroterra, invece che lungo le coste, di  proprietà in gran parte statale. Se avesse
avuto l’intelligenza di comprare quel centinaio di acri vicino a Mojave, prima che ci
costruissero l’aeroporto…
Alla sua sinistra, poteva vedere il vecchio Palazzo Presidenziale, splendente su una
collina solitaria. Agitò la mano in un saluto nostalgico, poi accelerò leggermente
avvicinandosi a Pendleton.
La pioggia rimase così leggera che non  accese neppure i tergicristalli. Superò
Pendleton, e non c’era alcuna ragione per fermarsi a Oceanside. Ben presto, si trovò
fra dolci colline ondulate, ammorbidite dalla luce diffusa del sole. Le uniche creature
visibili erano qualche mucca, e grandi corvi neri che giravano pigramente nell’aria
umida. Una volta venne superato da una  banda di motociclisti, con i lunghi fucili
calibro venti umidi di pioggia. C’erano due moto a tre ruote, una all’inizio e una alla
fine della colonna, ma le canne dei loro  fucili senza rinculo erano coperte, per
ripararle da un possibile acquazzone. Non gli badarono, rombandogli a fianco a
centocinquanta all’ora. Frank non aveva alcun desiderio di attaccare battaglia con una
banda, soprattutto in una zona così deserta. Un buon guidatore poteva facilmente
eliminare tre o quattro Harley-Davidson o Yamaha, ma  le moto più maneggevoli
potevano circondare come uno sciame qualsiasi cosa più piccola di una corriera o di
un autocarro, ingigantendo l’efficacia delle loro armi leggere.
Forse poteva comprare un po’ di terra da quelle parti. Osservò con aria assente le
colline verdi e oro, prive di case e dì supermarket. Non era un’altra Mojave, però…
Un colpo dì clacson lo fece guardare di scatto negli specchietti. Riconobbe la targa
della grossa coupé nera quasi nello stesso istante in  cui identificava la marca e il
modello. Sei a sud del tuo territorio, amico, pensò cupamente. Le sue mani si
strinsero sul volante, mentre si spostava di una corsia.

La Cadillac gli si affiancò per superarlo. Frank calcolò esattamente il momento,
poi premette un pulsante sulla console centrale. Il lanciafiamme di sinistra vomitò un
getto di fuoco arancione. La Cad ebbe un sobbalzo, come un gatto scottato.
Immediatamente Frank si spostò sulla corsia all’estrema destra, mettendo il massimo
della distanza fra sé e la  grossa macchina, tenendosi un  po’ davanti. Sulla parte
anteriore della coupé si vedeva chiaramente una lunga striatura nera e un taglio
profondo nella gomma del pneumatico. Adesso la Cad avrebbe avuto qualche
difficoltà se avesse tentato un movimento brusco nella sua direzione, mentre Frank
non vedeva alcuna difficoltà  a mantenere la sua posizione. Poteva infilarsi nella
prima rampa di uscita, se sorgeva la necessità. Mise in azione la torretta: un optional
costoso, ma che aveva dimostrato più volte la sua utilità. Myrtle avrebbe voluto
montarci un grosso lanciagranate, ma Frank e il concessionario della General Motors
l’avevano convinta che certe cose potevano andar bene per fare figura coi vicini, ma
sulla strada quello che contava era l’efficienza. Le due mitragliatrici parallele da
cinquanta cominciarono a martellare la Cad, facendo saltare grosse schegge di vetro e
di lamiera corazzata dal frontale.
Frank si sentiva sicuro, fino a quando un’esplosione non lo fece sussultare
violentemente, costringendolo ad attivare  il servosterzo di emergenza. Si guardò
spaventato alle spalle. Grazie a Dio aveva gli estintori automatici! La carrozzeria
sopra la ruota posteriore sinistra era completamente partita, insieme alla maggior
parte del bagagliaio. Metallo annerito e contorto, e isolante strappato fumavano
sfrigolando. Un’occhiata alla Cadillac confermò le sue peggiori paure, e gli fece
colare altro sudore sotto il colletto della camicia. Non c’era da meravigliarsi se quella
Marauder aveva acquistato una simile reputazione! Al posto delle solite mitragliatrici
pesanti, dal portabagagli posteriore spuntava un lanciarazzi Mark IV! Per fortuna era
stato colpito di striscio, altrimenti avrebbe perso una ruota, e le sue possibilità di
manovra sarebbero state drasticamente, forse  fatalmente ridotte. Eseguì appena in
tempo una manovra a esse. Un altro razzo passò sibilando accanto al paraurti.
Le calibro cinquanta della torretta stavano facendo il loro lavoro, ma era lento,
troppo lento! Un altro razzo l’avrebbe unito, e adesso la Cad aveva messo in azione
anche i cannoncini. In quel momento avrebbe voluto essere nella cabina di un grosso
autotreno della United Truckers, a una buona altezza dal piano stradale. con un
secondo autista e un artigliere alte mitragliatrici da 60 millimetri. Sul finestrino
posteriore apparve una crepa,  mentre le mitragliatrici  della Cad concentravano il
fuoco. Zigzagò, accelerò e rallentò, evitando di fornire al suo avversario la possibilità
di usare i Mark TV.
Aspetta l’occasione buona, Frank. Ricordati di Salt Lake City!
Sterzò bruscamente a sinistra. La Cad sterzò a sua volta per mettersi alle sue spalle.
Esattamente all’istante giusto (sì, sì!), Frank azionò un pulsante di emergenza.
I fanalini posteriori della  J.J. si staccarono. Contemporaneamente un fortissimo
crrumpp! lo scagliò così violentemente in avanti, che sentì le cinghie di sicurezza
affondargli nel petto. Lottando disperatamente per mantenere il controllo, imprecando
senza sosta, finì contro il divisore imbottito al centro della cabina con tanta violenza
che sbatté i denti, mentre due ruote si sollevavano dall’asfalto. Attraversò di sbieco
tutte c cinque le corsie, lottando contro qualcosa che era scoppiato, e riuscì
finalmente a fermare la berlina malconcia sulla corsia di emergenza.
Ansimando, sganciò le cinture di sicurezza, scese barcollando dalla macchina e si
appoggiò alla fiancata. Dietro di lui, a  circa mezzo chilometro di distanza lungo la
strada deserta, una  nuvola densa di fumo nero si alzava da un cumulo di metallo
contorto, plastica e ceramica, fra cui danzavano fiamme arancione. La grossa
Cadillac nera era distrutta. Fece un passo verso il relitto, poi si fermò, stordito per lo
sforzo. Nessuno avrebbe potuto sopravvivere a quell’inferno. Nella fretta di mettersi
alle spalle della J.J., la Cad era finita sopra una, forse  tutte e due le mine che Frank
aveva lasciato cadere da dietro le luci  posteriori. Forse la vendetta era un lusso
antiquato, ma lui sentiva lo stesso una gioia enorme. E Myrtle all’inizio si sarebbe
lamentata, lui però sapeva bene che dentro sarebbe stata contenta.
Si rese conto che qualcosa di umido gli colava lungo una guancia, qualcosa che
non poteva essere una goccia di pioggia. La sua mano gli disse che gli mancava un
pezzo dell’orecchio sinistro. Il sangue gli stava sporcando la giacca buona da guida.
Si asciugò distrattamente la ferita con il fazzoletto. Il finestrino posteriore doveva
aver ceduto all’ultimo momento. Un’occhiata glielo confermò, mostrandogli due fori
netti e uno probabile. Ummm. Se l’era vista ancora più brutta, in altre occasioni… e
questa volta ne valeva la pena! Almeno, avrebbe avuto una targa da appoggiare sulla
tomba di Bob.
Sospirò. Meglio fermarsi a Carlsbad per  farsi curare l’orecchio. Maledizione, se
solo quel ragazzo avesse prestato più attenzione alla Scuola Guida! Diciott’anni, e
non aveva ancora imparato quello che il suo vecchio sapeva da anni.

Sicurezza prima di tutto. Guida con prepotenza!