Pianeta Dei Pazzi : Somalia, i pirati che fine hanno fatto?

Somalia

Ci spostiamo un momento sulla simpatica terra somala, e sul problema dei pirati, probema che in quella zona pare sia praticamente risolto dal 2010.

Ricapitoliamo, nella mappa potete vedere l’immensa zona di mare coperta dai pirati con i loro barchini, grazie ad una congiuntura politica favorevole per loro, da un lato mare aperto , dall’altra lo Yemen, in piena guerra civile da tempo e non in grado di controllare le coste, e dall’altra l’assenza di una qualsiasi forma di governo nella Somalia stessa.
Spero che abbiate notato l’estensione della zona coperta da barchini lunghi pochi metri.
Ora rimane da chiedersi come diavolo faceva il suddetto barchino a trovare la nave mercantile che incrociava in zona e cosa se ne facessero i pirati, in mezzo al mare, dei telefoni satellitari di cui sono stati trovati in possesso.
Molti se lo sono domandato, e i più maliziosi hanno pensato alle compagnie di assicurazione.
Compagnie che sapevano per contratto dove si trovasse la nave, e che sono state “costrette”, poverine, a alzare di molto i premi, per via “dell’aumento delle incursioni piratesche”.
ancora adesso in quelle acque si pagano grossi premi, e ogni nave è costretta a prendere a bordo, al modico prezzo di qualche decina di migliaia di dollari a botta, squadre di uomini armati a protezione.
Sono le stesse compagnie di assicurazione che si curano del business dei contractors , tramite agenzie collegate con loro e anche del pagamento di un eventuale riscatto, ohibò.
In effetti , da quando è stata presa questa precauzione nessuna nave così protetta è mai stata assaltata.
Se vogliamo essere precisi, praticamente nessuna nave in generale è mai stata assaltata, fatta eccezione per un naviglio iraniano che pescava di frodo, e che le compagnie si sono rifiutate di assicurare.
Va beh, c’è la storia dei Marò, ma erano militari, non contractors, e questo fa la differenza.
Quando si dicono le coincidenze.
Ma forse mi sbaglio, e i pirati navigavano alla cieca in mezzo a milioni di chilometri quadrati di oceano alla ricerca di una nave che si dirigesse proprio contro di loro.
In nessun altro caso sarebbero riusciti a intercettarla, dato che filano a tutta forza, in quelle acque.
Visto che il problema era risolto, adesso bisognava pensare ai somali in generale, dato che i barchini, manovrati da disperati continuavano a partire, disposti a restare in mare lungo tempo fino a sbattere, stavolta davvero per caso, in un mercantile.
Pare che sia cominciato un periodo di “safari”.
Gruppi di ricconi si avventurano in quelle acque, negli emirati arabi si riforniscono di armi leggere e pesanti e navigano in cerca di pirati, per poi giocare con loro al “tiro al bersaglio”.
Anche parecchi ignari pescatori non sono tornati a casa, in questi ultimi anni.

Nel frattempo avviene qualcosa nel Puntland la parte di territorio somalo che vedete nella carta, colorata di azzurro.
Nel 2011 gli emirati arabi si muovono, però, per motivi religiosi , non possono intervenire direttamente, “i musulmani non uccidono altri musulmani”.

Si rivolgono a questo signore qui, Eric Prince , un ex agente CIA, uno dei massimi responsabili delle famose compagnie di mercenari Academy, Blackwater ecc., tanto attive anche in Ucraina.
Gli versano un anticipo di cinquanta milioni di dollari e gli dicono “fai tu”.
Notate la completa assenza dei “giornalisti” occidentali, impegnati in quel periodo a parlare di altri tragici fatti, come le armi chimiche di Assad e le multe fino ad 80 euro emesse dal governo russo contro chi fa “propaganda omosessuale”.
Lo fa a modo suo, ovviamente, spedendo nel Puntaland dei mercenari e un gruppo di ex istruttori militari bianchi sudafricani, tutta gente che non poteva rimanere nel paese dopo la fine dell’Apartheid.
Costoro cominciano a addestrare con estrema brutalità duemila somali.
Persino le Nazioni Unite si lamentano dell’estrema durezza dell’addestramento, gli istruttori sparavano alle reclute alla minima infrazione.
Dopo circa un anno e mezzo mille esponenti della neonata forza speciale sono pronti.
Un accidenti di selezione.
Questi pochi uomini, ben diretti, piano piano eliminano fisicamente tutti i covi rimasti dei pirati, trattandoli con “estrema durezza”.
Le nazioni unite si muovono e costruiscono nel Puntaland una prigione per accogliere i pirati catturati dalle navi occidentali in mare aperto, per fare in modo che non vengano eliminati subito non appena arrivati a riva.
E questa è la situazione fino ad oggi.

Per finire vi elenco tre situazioni tipiche del trattamento riservato dalle varie marine militari ai pirati somali.

USA.

Aprile 2009: la nave portacontainers “Alabama”, della Maersk viene assaltata dai pirati.
I pirati fuggono in mare con una scialuppa insieme al comandate.
Verranno freddati da un gruppo di membri dalle forze speciali americane, lo stesso gruppo che si occupò del’eliminazione di Osama Bin Laden, in seguito ( se era davvero lui, ovvio).
Fatti fuori da cecchini a lunga distanza.
Avvenimento narrato poi di seguito da un film USA, “Captain Phillips incubo in mare aperto“, con Tom Hanks

RUSSIA




5 maggio 2010 : la petroliera russa “Moskolskaya Universitet” viene presa d’assalto dai pirati.

L’equipaggio si chiude nella stiva. Lì vicino naviga una nave militare russa, la “Maresciallo Shapovhnikov”.
Anche lì viene realizzato un film, pesantemente romanzato “22 minuti”, che viene distribuito anche in Italia quest’anno..
Pare che comunque i fatti si siano svolti più o meno come nel film.
Dato che non si poteva far fuoco a bordo, per non fare esplodere tutto, i marines russi si sono arrampicati a bordo con delle corde attaccate a dei rampini, e poi hanno combattuto a coltellate i pirati, aiutati dall’equipaggio, nel frattempo uscito dalla sala macchine,  armato di spranghe e coltelli da cucina.
I pirati, dopo un furioso scontro più che altro all’arma bianca, si sono arresi.
I militari russi hanno poi chiesto a Mosca cosa dovessero farne, e si sono sentiti dire:
“caricateli su di una scialuppa con acqua e viveri e poi lasciateli andare, non è giurisdizione dei giudici russi”.
Ufficialmente l’ordine è stato eseguito, ma nessuno li ha più visti, quei pirati.

FRANCIA

4 aprile 2008: alcuni pirati prendono il controllo di una nave da diporto francese, il tre alberi  a vela Le Ponant, con trenta persone a bordo.
L’11 aprile una squadra di membri delle forze speciali francesi sale a bordo e riprende il controllo della nave, alcuni pirati e alcuni ostaggi vengono uccisi, tra cui il capitano e armatore, davanti a sua moglie e ai suoi bambini.
I pirati superstiti, catturati tutti in possesso di armi a bordo, viene arrestato dai militari, e, dopo 48 ore esatte  ed un viaggio di almeno seimila chilometri consegnato alla giustizia francese.
Due di questi verranno assolti, dato che essere a bordo di una nave controllata da pirati, essere arrivati a bordo insieme a loro e avere un fucile in mano, non basta a definirti un pirata.
Turisti fai da te?
Gli altri saranno condannati a pene variabili dai 4 a 10 anni, pare che non avessero intenzione di uccidere, ma solo “spaventare” gli ostaggi.
Probabilmente, intimoriti dai soldati francesi, avranno fatto fuoco per errore.
Tutti poi riceveranno un indennizzo di ventinovemila euro cadauno , per essere stati trattati “rudemente” dai militari e essere stati “consegnati in ritardo” alle autorità.
La Marina francese ha provato a spiegare che era a centinaia di chilometri di navigazione dal porto più vicino, e che non potevano lasciare senza autorizzazione la zona di mare sotto il loro controllo, ma niente, l’arresto è stato “disumano”.
Purtroppo i francesi non intendono farci un film, stavolta.

Spero che apprezziate, ragazzi, il vedere le cose da un altro punto di vista.

P.S. se siete pirati, mi raccomando, assaltate soprattutto le imbarcazioni con bandiera francese…quelli sono dei matti.