L’Iran e l’economia della resistenza : ovvero come sopravvivere alle sanzioni.

Ricevo e volentieri pubblico, da Alessia:

L’Iran e l’economia della resistenza


Pensando all’Iran, viene da chiedersi, come abbia fatto un paese sottoposto a crescenti sanzioni economiche dal 1979 a resistere senza collassare e come abbia fatto un regime teocratico a mantenersi saldamente al potere.

La prima risposta che vi dirà un commentatore occidentale è che il regime ha mantenuto il potere grazie ad uno stato di polizia, alla soppressione del dissenso e al controllo capillare della popolazione effettuato dalle autorità religiose. Tutte cose indubbiamente vere, ma in realtà c’è molto di più; l’Iran è stato in grado di sopravvivere grazie a due cose fondamentali: l’economia di resistenza e la ferrea volontà del suo popolo di resistere alle pressioni esterne.




Le sanzioni contro l’Iran sono molteplici: i primi a imporre sanzioni all’Iran sono stati gli USA, seguiti poi dalle Nazioni Unite e dalla Unione Europea. Nei primi anni ’80 le sanzioni colpivano l’Iran per il suo supporto al terrorismo internazionale; dopo la metà degli anni ’90 l’obiettivo è diventato quello di impedire lo sviluppo militare del programma nucleare di Teheran.
Le sanzioni ONU hanno bloccato le forniture di armamenti pesanti, di tecnologia nucleare e le esportazioni di armi iraniane; hanno congelamento i beni delle persone e imprese legati al programma nucleare iraniano, per molti vige il divieto di ingresso negli stati membri dell’Ue.
La UE ha ristretto il commercio di componenti che possono essere utilizzati da Teheran per lo sviluppo del proprio programma nucleare; ha bloccato: le esportazioni verso l’Iran di tecnologia e componenti per la raffinazione e l’estrazione di gas naturale, le importazioni di petrolio e gas, le transazioni in oro con la Banca Centrale Iraniana e le transazioni finanziarie con banche iraniane; ha congelato i beni di individui e imprese collegati al programma nucleare e i beni di proprietà della Banca Centrale Iraniana.
Gli USA impongono misure restrittive in molti settori del commercio, proibendo: gli investimenti nel settore degli idrocarburi iraniani, la vendita di tecnologia che potrebbe essere utilizzata per la realizzazione di armi di distruzione di massa, la vendita di carburanti per un valore superiore a 1 milione di dollari, la vendita di strumenti e apparecchiature per la produzione di carburanti, l’acquisto di petrolio o prodotti petrolchimici e la fornitura di naviglio per il trasporto del petrolio. Non ultimo, alle banche iraniane è proibito l’accesso al sistema finanziario statunitense, sono state scollegate dal sistema SWIFT.




L’economia di resistenza nasce come una strategia poliedrica per ridurre la vulnerabilità causata dalle sanzioni e dagli shock esterni. Lo sviluppo ha fatto migliorare lo sfruttamento delle risorse interne del paese e ha messo in campo riforme e sovvenzioni atte a ottimizzare il consumo di prodotti nazionali e la stessa energia prodotta all’interno del paese.
Questa valorizzazione delle risorse interne ha permesso di ridurre la dipendenza iraniana dalle importazioni.
E’ stata rivista la strategia delle esportazioni di petrolio e di gas: sono stati selezionati nuovi acquirenti strategici e si sono diversificati i canali di vendita. Si sta incrementando la produzione di petrolio e gas per avere un impatto sui mercati internazionali.
Il governo è riuscito ad attuare una politica di razionalizzazione dei costi, ha aumentato la produzione interna e grazie all’aumento del gettito fiscale ha finanziato il fondo nazionale per lo sviluppo. Non solo, questo meccanismo ha generato maggior reddito e benessere nelle classi con reddito medio-basso, grazie all’aumento dell’occupazione.
Le sanzioni hanno ovviamente danneggiato l’economia iraniana, ma non l’hanno distrutta. L’Iran è riuscito a fare molto durante gli anni delle sanzioni: ha aumentato la propria produzione di benzina.
Attualmente in Iran sono in corso di attuazione 67 progetti tra petrolchimici e raffinerie di petrolio: questo permetterà al paese di sostenere se stesso per l’approvvigionamento di carburanti, ma anche di esportarli. L’Iran insieme alla Russia, sta progettando la costruzione di terminali off-shore e di ferrovie. Con un consorzio di aziende indiane sta sviluppando il giacimento di gas Farzad-B nel Golfo Persico e costruendo il porto iraniano di Chabahar nel Golfo di Oman.


Alcuni analisti vedono queste norme positive perché riducono la vulnerabilità dell’Iran verso le sanzioni esterne. Molti iraniani affermano che le sanzioni hanno generato norme che spingono il governo a non ricadere più nella vecchia mentalità legata alle importazioni.
Fondamentalmente il regime di sanzioni occidentali ha innescato progetti mirati a rafforzare l’economia iraniana contro la pressione esterna. La Repubblica islamica dell’Iran ha dovuto puntare su questa “economia di resistenza” per rispondere alle sanzioni occidentali.
Il piano di sviluppo quinquennale recentemente rilasciato per il periodo 2016-2021, è composto da tre pilastri: proseguire con lo sviluppo dell’economia di resistenza, progredire nella scienza e nella tecnologia e promuovere le eccellenze culturali. Lo stato iraniano continua a svolgere un ruolo chiave per l’economia attraverso le grandi imprese pubbliche e semi-pubbliche, che dominano in una certa misura sulla produzione e sul settore commerciale. Il settore finanziario è anche esso dominato da banche pubbliche.


Se il Piano Congiunto d’Azione Globale (JCPOA) verrà implementato con successo, il risultato sarà la revoca di tutte le sanzioni degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite contro l’Iran entro marzo-giugno 2016.
La prospettiva a medio termine è positiva se il piano JCPOA verrà implementato, questo consentirà al governo di affrontare le ulteriori riforme necessarie per far crescere l’economia, per promuovere la concorrenza, migliorare la salute del settore finanziario-bancario e per creare ulteriore occupazione. L’economia iraniana ha i potenziali per diventare una economia sviluppata. Ha tutte le risorse (naturali, umane e geo-strategiche) per giocare un ruolo molto più significativo sulla scena internazionale: questo obiettivo può essere raggiunto grazie a una maggiore trasparenza legale e istituzioni moderne.
Ora che parte delle sanzioni sono state tolte, l’Iran ha adottato il JCPOA, sottoscritto al vertice di Vienna, che garantirà la natura esclusivamente pacifica del programma nucleare. L’ayatollah Ali Khamenei, nonostante la soddisfazione per la revoca delle sanzioni, ha dichiarato che rimane dubbioso: infatti Washington ha minacciato l’introduzione di nuove sanzioni contro l’Iran, in merito ai programmi missilistici e di conseguenza il governo di Teheran continua a chiede a tutto il popolo “resistenza e fermezza”.


Dobbiamo ricordarci che l’Iran è l’unica nazione a maggioranza sciita il cui sistema politico è stato creato da Khomeini (nella rivoluzione contro lo Shah parteciparono varie correnti fra cui quelle ispirate al socialismo e al laicismo occidentale), che ebbe la capacità di concentrare tutto il potere nella sua carismatica figura: questa costituzione politica è unica al mondo. La costituzione iraniana è moderna: il presidente della repubblica è eletto a suffragio diretto, nomina i ministri e il suo potere è controbilanciato da un parlamento eletto pure esso a suffragio universale con sistema uninominale. L’ordinamento viene controbilanciato dal Velayat-e faqih, una autorità religiosa che controlla la conformità alle leggi islamiche dell’azione degli organi politici. Questo sistema costituzionale non prevede limiti ben definiti, quindi il potere della autorità religiose si sovrappone a quello civile. In termini semplici vi è una autorità religiosa che valuta e garantisce l’aderenza degli atti del governo alle leggi religiose. Questa commistione tra politica e religione, che a noi occidentali appare assurda e retrograda, è stata per secoli ed è tutt’ora l’impalcatura su cui si sostiene la società persiana.
Le masse povere dell’Iran sono desiderose di riscatto e di giustizia sociale (il loro disgusto per la corruzione si lega alla fede religiosa): questo connubio spiega il successo e la resistenza del popolo iraniano. Questa coscienza religiosa e il forte sentimento nazionale, ha permesso di combattere e resistere alla congiura internazionale contro la Rivoluzione islamica. Va anche ricordato che il popolo persiano è sempre stato fieramente indipendente, e ha sempre rigettato qualsiasi ingerenza straniera. Sebbene i giovani iraniani siano desiderosi di maggiori libertà, dopo aver visto i risultati delle primavere arabe (sostenute dall’occidente), hanno capito che il loro paese potrebbe piombare nel caos assoluto, oppure potrebbe ritornare a un regime ancora più dispotico, se abbattessero totalmente il regime attuale.  

La poca conoscenza dell’Iran porta alla sua scarsa comprensione, l’occidente crede che la  rivoluzione islamica dell’Iran sia fanatismo e arretratezza: un pericolo da eliminare se riesce a dotarsi di armi nucleari!