Le atrocità commesse dalla “guardia nazionale” ucraina nel Dombass “liberato”

Da diversi giorni girano per la rete insistenti voci di atrocità commesse dalla “guardia nazionale” , ovvero i volontari di destra che sono stati “militarizzati” e costituiscono la “punta di diamante” dell’offensiva ucraina.
No sono gruppi numerosissimi, poche centinaia di persone, perlopiù provenienti dall’ovest del paese, dalla galizia e dai partiti di estrema destra, per non dire neonazisti, come Svoboda e Pravij Sector.
Utili idioti votati alla causa che vengono mandati in prima linea a combattere.
Non è un mistero che l’esercito ucraino “regolare” non sia  molto proattivo nei confronti dei ribelli, se si tratta di bombardare eseguono più o meno gli ordini, ma di farsi ammazzare per il governo di Kiev non ne hanno tanta voglia.
Le perdite tra i membri della Guardia Nazionale sono molte, ovviamente, e pare che i miliziani del Dombass li fucilino a vista, non appena vengono catturati.

La loro ideologia e la frustrazione dei combattimenti sfocia inevitabilmente in atrocità.


Oggi vi propongo questa intervista, la signora nel video si chiama Galina Pyshnyak e narra di un evento a cui ha assistito personalmente.
Un bambino di tre anni , figlio di un separatista, inchiodato ad un muro davanti alla madre, costretta ad assistere, madre che sarà uccisa subito dopo.
Si può parlare di propaganda, ovvio, ma la signora in questione, madre single di quattro figli non è la persona adatta per fare da testimone prezzolato, il rischio di ritorsioni d aparte di agenti ucraini la inseguirà per anni.
Le voci sempre più insistenti del massacro di Garlovka, mi portano a parlare anche di questo fatto.
Il piccolo paese di Garlovka  è , o meglio era, vicino ad un famoso mausoleo commemorante i tantissimi morti della seconda guerra mondiale, ovvero le vittime del combattimento contro le armate tedesche.
Un distaccamento della “guardia nazionale” ha prima cercato di distruggere il monumento, senza riuscirci, poi ha catturato tutti gli abitanti del villaggio.
I maschi sono stati uccisi  con il taglio degli arti e , infine della testa, le donne rapite e violentate.
A tutt’oggi nessuno è riuscito a contattare gli abitanti del villaggio per una verifica, pare che non rispondano al cellulare, malgrado le linee siano ancora attive.