La strana coppia: Donald Trump e Vladimir Putin

Altro post “leggermente polemico” dalla rutilante Alessia.

La strana Coppia

I rapporti di Trump con la Russia risalgono al 1987, quando cercò di fare business nel tentativo di costruire una “Trump Tower” a Mosca e negoziò per la costruzione di hotel di lusso a Mosca e Leningrado. 
Tuttavia, Trump fu infastidito dalle regolamentazioni sovietiche relative alle joint venture, le quali richiedevano che i sovietici fossero in possesso del 51 %. 
Nel libro, “The Global Emerging Market: Strategic Management and Economics” di Vladimir Kvint, emerge che nel 2008 l’Organizzazione Trump aveva registrato i suoi marchi di fabbrica in Russia nei settori dello sviluppo immobiliare e delle costruzioni. 
Nel 2013, Trump era di nuovo in Russia col suo concorso di “Miss Universo”.

Trump è nato nella grande e ricca New York ed è stato cresciuto nella capitalistica America (con un importante background aziendale).

Putin è nato in un quartiere povero e operaio a San Pietroburgo ed è cresciuto nella comunista Unione Sovietica (con un importante background nella polizia segreta). 
Il primo era ben noto al grande pubblico americano prima di candidarsi come presidente, il secondo è rimasto uno sconosciuto fino alla rimozione di Boris Eltsin alla fine del 1999.
Trump spesso parla bene di Putin, definendolo un uomo intelligente, gli piace per come ha saputo consolidare le forze armate, le agenzie di intelligence e l’aggressiva politica estera. 
Trump nel suo ultimo libro, “Crippled America: How to Make America Great Again”, definisce Putin “un leader”, a differenza di Obama.
Putin e Trump condividono una forte antipatia per l’attuale presidente americano e vogliono un cambiamento di rotta nella politica estera americana. 
Sono due solitari che amano essere gli unici uomini al centro della scena. 
Hanno una forte personalità, sono egocentrici, ricchi di autostima, amano il culto della personalità e vedono se stessi come i salvatori della loro nazione dal disastro causato dai loro predecessori: Eltsin e Obama. 
Hanno in comune l’odio per l’ISIS, il disgusto per il fondamentalismo islamico e sono disposti a prendere misure drastiche per fermarle.
Eppure entrambi sono pragmatici conservatori nazionalisti che cercano di ripristinare gli elementi importanti del passato come una delle priorità principali, detestano i progressisti e sono ardenti patrioti nella loro nazione.
Putin è abituato a scrutare gli avversari attraverso il loro modo di comunicare, studia le apparizioni pubbliche, le eventuali vulnerabilità per poi sfruttarle come vantaggio, ha imparato dagli errori dei suoi avversari e metterà a frutto i passi falsi e le gaffe dell’istrionico candidato presidenziale. Il più grande problema di Trump è la sua mancanza di esperienza negli affari esteri e nella politica di difesa. Quest’ultimo negli Usa gode della fama di essere un “enfant terrible”, e Putin apprezzerà molto la parte “enfant” del candidato americano.
Nella conferenza stampa di dicembre 2015, Putin elogiò il candidato presidenziale repubblicano, ma dall’altra parte non era mai successo che durante una campagna presidenziale si evocasse il nome di un leader russo così frequentemente. 
Putin è un politico che non aderisce ad una particolare ideologia ed è pronto a lavorare sulle relazioni con tutte le forze politiche amichevoli, così cerca appoggio nella UE sostenendo i partiti ribelli in Europa e allo stesso modo cerca in Trump lo stesso appoggio.
Sembra che il sostegno di Mosca per il capofila repubblicano faccia parte di una ben più ampia strategia che contrassegna come alleati chiunque sia disposto a lavorare con la Russia e che non è d’accordo con il suo isolamento causato dalle sanzioni economiche. 
Mosca, ultimamente definisce amici i politici e i partiti che appartengono ai poli di opposizione, come l’estrema destra del Fronte Nazionale in Francia guidata da Marine Le Pen, la sinistra Syriza in Grecia e la sinistra di Podemos in Spagna.
Questi due uomini, anche se provenienti da mondi diversi, condividono tratti comuni tali da renderli una insolita strana coppia, raramente vista nella politica internazionale. 
Nel frattempo, è divertente vederli passare attraverso i movimenti di adesione ad una relazione che probabilmente non diventerà mai realtà. 
Il Cremlino nella sua ricerca di alleati politici esterni all’establishment, sta sostenendo il candidato outsider alla presidenza degli Stati Uniti.
Tutto questo ha scatenato le ire della rivista americana Forbes, che ha pubblicato un articolo in cui diffida Trump dal diventare troppo amico di Putin, enumerando le solite accuse al leader russo, che lo dipingono come il male assoluto.
A dire il vero Trump ha scatenato le ire di molti: Mitt Romney, in un incendiario discorso ha definito il magnate americano pericoloso per il paese, lo ha accusato di aver solo ereditato i sui soldi e di essere un businessman mediocre, affermando inoltre che sarebbe un incapace in politica estera. 
Romney ha motivato il suo discorso non per proporsi come candidato, ma con il solo scopo di fermare Trump. 
Per non parlare dei neocons e delle lobby ebraiche. 
Le sue affermazioni sul fatto che le guerre in Siria, Iraq e Libia sono state un totale fallimento, che erano basate su bugie, e che Assad dovrebbe restare al suo posto sono in totale opposizione con gli orientamenti neocons. 
In fine, parlando della sua idea di politica dell’immigrazione, ha citato come esempio Israele dove gli immigrati del terzo mondo “sono chiamati invasori e vengono incarcerati e deportati senza processo”.
Ora, se Trump diventerà il nuovo presidente degli Usa, a mio avviso ci sono tre opzioni da considerare:

  1.  Come l’immagine di Obama venne costruita per rappresentare una rottura col passato della politica di Bush e per essere una novità sulla scena politica (anche sfruttando il fatto di essere nero), l’immagine di Trump potrebbe essere stata costruita per rappresentare la nuova rottura con i vecchi modi politically correct degli altri candidati e parlare direttamente alla pancia degli americani. Come il primo, anche il secondo potrebbe rivelarsi un clamoroso “fake”.
  2. Dopo una campagna elettorale rutilante, fatta di discorsi “senza filtro” e senza ipocrisie, e dopo aver sbugiardato tutto e tutti, Trump col tempo potrebbe essere riportato a più miti consigli dalle lobby e dal deep state.
  3.  Trump se è davvero quello che dice di essere, e mette in pratica ciò che ha promesso potrebbe avere vita breve, e non solo in senso figurato. Sia ben chiaro, Trump non stravolgerà la politica estera americana, e gli USA continueranno a voler imporre la loro egemonia a livello mondiale, tuttavia ci sono speranze che possa essere molto più assennato e pragmatico dei suoi predecessori: nel frattempo qualcuno ci salvi da quella pazza isterica della Clinton!