La nautica italiana, breve storia di una “bolla”

Oggi non è il solito post, oggi parliamo di mercato dello yacht usato, con particolare riferimento al mercato italiano.
Cosa c’entra, direte voi?
C’entra, la nautica in generalee, soprattutto , la nautica di lusso sono erano in passato uno dei settori più importanti della cantieristica italiana.
Ovviamente a livello mondiale la costruzione dei mega yacht per i miliardari (in euro) ha sempre tenuto, anzi, ci sono segnali di ripresa, con alcuni magnati russi o sceicchi che si fanno costruire delle piccole “scialuppe” al modico costo di qualche centinaio di milioni.
Ma è un mercato di nicchia, praticamente sono delle navi passeggeri per una persona sola, che vuole viaggare comoda insieme ai suoi amici.
L’Italia, a parte alcune eccellenze, non si è mai data molto da fare in quel settore.
Dobbiamo anche ricordare che l’Italia è in assoluto il paese ruropeo con più imbarcazion immatricolate oltre i dieci metri, un totale di circa cinquecentomila unità sono ancora registrate.
Un numero enorme, nelle altre nazioni europee solo la Francia si avvicina, e il mercato potenziale era solo un quarto di quello italiano.
Parliamo di numeri e diamo una occhiata.
Colleghiamoci al sito più diffuso in Italia, per al compravendita di imbarcazioni, Mondialbroker, e diamo una occhiata.

Come vedete ci sono in lista circa 25’700 yacht usati, e di questi oltre 19’800 sono in Italia.
Numeri che danno da pensare , e che fanno capire che la quantità abnorme di imbarcazioni usate in vendita italiane sta dando del filo da torcere  ai cantieri degli altri paesi europei.
D’altronde , perché comprarsela nuova se si può andare in Italia a comprare l’usato per un pezzo di pane?

Adesso diamo una occhiata oltre oceano, e appoggiamoci ad un altro motore di ricerca, Yacht World.
Li sono listate oltre centomila imbarcazioni , metà provenienti dagli Stati uniti e le altre dal resto del mondo.

Queste due tabelle sono illuminanti, nella tabella di destra potete vedere il totale delle imbarcazioni lusate situate negli USA, mentre in quella di destra sono elencate le imbarcazioni listate in vendita in Italia.
Ovviamente i numeri americani sono molto più alti, complessivamente, ma c’è una sorpresa, il numero di imbarcazioni in vendita aventi un prezzo oltre i cinquecentomila euro situate in Italia è maggiore a quello USa di oltre mille unità, oltre il trenta per cento.
Non possiamo paragonare certo gli USA all’Italia, gli yankee sono più numerosi e decisamente più ricchi, e anche a loro piace spendere per andare per mare.
Questi dati vi possono dare una pallida idea di quello che sta succedendo , ovvero un generale “si salvi chi può”, una desiderio generalizzato degli armatori di vendere e di incassare i soldini, per defilarsi.
Al massimo molti , appassionati di nautica, cercano di vendere lo yacht per accontentarsi di una barchetta a vela o di un gommone, una “permuta al ribasso” che non fa certo bene alle quotazioni, da diversi anni in picchiata.
Sono molti i motivi per cui questo succede, la crisi, la mancanza di liquidità, l’accanimento della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle entrate, che perseguita chi ha la sfortuna di uscire per mare e viene fermato per un controllo (anche se non è il proprietario dell’imbarcazione).
Ma, soprattutto la fine della “bolla”.
Nella nautica si era creata una sorta di bolla speculativa, dovuta alle peculiari caratteristiche del mercato.
Negli anni fino al 2008 girava molta liquidità e si vendevano molte imbarcazioni.
Ovviamente comprare una imbarcazione di 20, 25 metri di lunghezza e oltre non è come comprare una automobile dal concessionario.
L’impegno economico è importante e al cantiere possono occorrere parecchi mesi per la consegna.
Questo faceva andare in fibrillazione gli acquirenti e faceva salire tantissimo il valore dell’usato, per carti modelli di marche prestigiose il prezzo dell’usato di due o tre anni si avvicinava a quello del nuovo, tanta era la richiesta.
Visto il giro di soldi nacquero finanziarie che cominciarono a concedere leasing nautici con tassi accattivanti e rate molto convenienti per i primi tre-cinque anni, rate che poi sarebbero aumentate di seguito, e anche di molto.
L’armatore, felice possessore del suo nuovo yacht lo teneva finché le rate erano basse, ne ordinava un modello nuovo e , prima di arrivare alla mazzata degli interessi , lo permutava e rinnovava un nuovo leasing.
I cantieri si dovevano accollare l’usato e , di solito lo rivendevano velocemente, e un nuovo leasing aveva inizio, il nuovo finanziamento serviva a chiudere quello vecchio e rimaneva qualche soldo per il cantiere rivenditore.
Il giochino era quello , una vorticosa compravendita di imbarcazioni, ma in realtà erano i leasing ad essere venduti e comprati.
Poi è arrivato il 2008 , la crisi e psicologicamente gli armatori non erano più propensi a cambiare il loro venti metri con un venticinque.
Ma i cantieri cominciarono a farsi una curiosa concorrenza, cominciarono a ritirare comunque le imbarcazioni usate, nella speranza di attirare nuovi clienti, e per un certo tempo ci riuscirono anche.
Inoltre le imbarcazioni già ordinate vennero comunque completate, e per un ano e anche di più si continuò a lavorare come prima.
Mandiamo avanti la macchina del tempo, arriva il 2010 il castello di carte comincia a scricchiolare, i leasing annaspano alla ricerca di banche compiacenti, all’improvviso la stretta del credito si fa sentire e avere approvato un contratto diventa una chimera.
I cantieri si ritrovano con i piazzali pieni di imbarcazioni usate, in alcuni casi anche per parecchie decine di milioni di euro di controvalore.
Nel frattempo , dato che si erano accollati i leasing continuano a pagare le rate, il “momento d’oro” passa e le rate crescono all’improvviso.
Ovviamente anche le vendite del nuovo soffrono , dato che gli usati non li vuole più nessuno e ottenere un finanziamento diventa difficile.
E’ finito il periodo delle “imbarcazioni a buon mercato” dove chi aveva anche una minima disponibilità economica, poteva permettersi una imbarcazione di generose dimensioni, decisamente più grande ed impegnativa di quello che in realtà si può permettere, come esborso totale.
Dal 2011 al 2012 cominciano le chiusure in massa dei cantieri, e comincia anche un curioso fenomeno.
Molti, presi dalla crisi o dal freddo calcolo, smettono di pagare le rate e restituiscono il bene.
Ormai le rate crescenti sono diventate insostenibili e il valore dell’usato, con le quotazioni in picchiata, spesso rischia di essere pari o inferiore  all’importo delle rate ancora da pagare.
Prima saltano i cantieri come birilli, praticamente tutti i produttori italiani chiudono o passano di mano ad un altro proprietario.
Poi chiudono o si ridimensionano le società di leasing , ingolfati da usati costosi e che necessitano di costose spese di manutenzione e di deposito.
Alla fine tocca a  tutte le aziende della filiera produttiva, terzisti , accessoristi e manutentori.
Poi toccherà anche ai porti turistici, la ressa del passato è ormai solo un ricordo.
Migliaia di persone che rimangono a casa, sparse tra tantissime piccole e medie aziende.
Oggi, rimane uno spettacolo desolante, lo scoppio della bolla ha devastato l’intero mercato, e su tutto strombazza il megafono del governo , che dichiara di intensificare “la lotta agli evasori” , il sale sulle macerie.
Vedrete tanti , tantissimi cartelli di “in vendita” e molti meno acquirenti.

Con il senno di poi , già nel 2008 poteva essere previsto cosa sarebbe successo, era assolutamente inevitabile, se non arrivano nuovi clienti , disposti ad acquistare l’usato il giochino si sarebbe arenato ben presto.