La fine della Democrazia e l’avvento dell’era del Grande Controllo

Partiamo dal fatto che spesso le persone confondono l’idea di democrazie e di libertà, due concetti differenti ma che confluiscono di fatto in un magico tubetto: maionese e ketchup insieme per tutti, dal panino fino al sushi, che sia mai che nessuno rimanga senza! Eh dopo i pargoli frignano e non ti mangiano la fettina di manzo magra senza un filo di grasso.

Ma la crisi della democrazia nasce nel Novecento. Già in molti avevano visto che un qualsiasi regime politico alla fine si trasforma in una aristocrazia, ovvero una minoranza “organizzata e governante” domina sulla maggioranza disorganizzata. Vi suona familiare?

Dopo la seconda guerra mondiale, i potentati economici e finanziari si trovavano in uno stato di debolezza perché la guerra aveva – oltre alla distruzione – dissipato molte delle loro risorse accumulate precedentemente. Esisteva la minaccia sovietica e che questa potesse prendere piede in occidente. Il modello di sviluppo occidentale nel secondo dopoguerra era espansivo sul versante del mercato domestico.

Così nel secondo dopoguerra ci siamo trovati alle prese con le élite oligarchiche di regime. Ma eravamo poco intenzionati a capirne la portata, tanto eravamo tutti liberi, il mondo avanza, la tecnologia e il progresso cambiava e migliorava la nostra vita. Quindi a chi fregava l’astruso mondo della politica? C’era da lavorare, in pochi anni ti comperavi la casa, andavi in vacanza, i figli studiavano e trovavano subito un lavoro, c’erano le cene con gli amici, gli aperitivi e la bella vita, insomma i sogni si realizzavano e la gente era davvero contenta. Molte persone della classe meno abbiente miglioravano la loro vita e la classe media aumentava in maniera vistosa. Quindi nessuno si preoccupava del futuro e di cosa accadeva a certi livelli, se stai bene di cosa devi preoccuparti?

Di recente si sono riacutizzate le disuguaglianze nelle economie occidentali e gradualmente viene smantellato il welfare statale, questo è connesso alla mutata dinamica distributiva. Dagli anni Settanta la ritrovata forza delle élite economico-finanziarie, i cambiamenti generati dall’informatica, da nuove tecnologie e i processi di globalizzazione, tutto questo ha portato il “venir meno” della coincidenza di interessi tra élite e popolazione e si è arrivati alla decadenza delle politiche che andavano a beneficio della gente.

Nello stesso periodo l’individualismo delle società odierna ha reso la persona libera dalla appartenenza preordinata di: etnia, sesso, comunità, classe e di partito. Si rompe il legame sociale, si approda alla nascita delle nuove emancipazioni e alle lotte per le libertà personali. In quel frangente le élite si sono accorte che era possibile utilizzare una nuova manovra per governare: dotare l’individuo di tante nuove libertà, facendogli credere che la nuova evoluzione risiedeva nell’acquisizione di nuove libertà individuali.

Il mondo politico e gli autori elitisti avevano analizzato e capito che la democrazia andava rallentata e anche fatta regredire, imponendosi lentamente e silenziosamente. Bisognava fermare quindi la politicizzazione delle masse, l’emergere di nuovi partiti che includevano vasti strati di cittadini, l’organizzazione dei lavoratori attraverso i sindacati. Così il governo ha iniziato a funzionare su meccanismi istituzionali che restringono la partecipazione politica della classe popolare, la massa non può e non deve sostenere una idea paternalistica di governo. Lentamente si è arrivati alla diffidenza nei confronti delle masse, rifiutando molti suoi progetti, e poi si è passati a dissolvere la maturazione della coscienza di classe e il suo stesso coinvolgimento politico. Insomma il popolo non deve essere troppo presente e nemmeno cosciente nell’ambito delle decisioni del governo.

L’Italia si frantumò, la popolazione smise di partecipare in modo attivo alla politica, è scomparso l’ardore e il sostegno politico, e si è arrivati alle organizzazioni moderne dei partiti e dei movimenti. Abbiamo smesso di partecipare e ci hanno convinto a farci rappresentare, così cessava definitivamente la lotta politica. Gli stessi partiti politici cessavano di nutrirsi della cosa più importante: la forza della mobilitazione politica delle masse.

Il benessere economico e la nuova società che avanzava ora aveva altri temi di confronto e di dibattito. Tutti noi a credere di essere moderni, ah il sogno moderno, quello che ci ha fatto credere nella nuova economia e nella nuova società. Ecco quello fu il giorno in cui cessarono di esistere le nostre coscienze di classe e ideologiche.

Le rivoluzioni non erano più la mobilitazione della massa, le rivoluzioni erano diventate tecnologiche e informatiche. Un bel cambio di paradigma. Moriva la mobilitazione delle masse per giungere a un cambiamento della classe politica dominante, ci hanno fatto credere alla rivoluzione del futuro, fatta di robot, internet e social media. Alla faccia della trasformazione semantica del concetto di rivoluzione. L’ipnosi di massa fu una delle migliori operazioni riuscite nel secolo scorso (il secolo breve).

Anno del Signore 2017 la “Ferrea Legge dell’Oligarchia”: la grande disillusione. La politica moderna canalizza le richieste delle masse (che poi le realizzi è un mero sogno), ha spinto la massa alla pura rappresentanza, pura veicolazione dove il popolo si fa rappresentare da partiti che servono il Padrone. Siamo approdati all’era della tecnocrazia, un governo di tecnici ed esperti non eletti. Gli stessi sono selezionati dai partiti stessi. Chi detiene il potere politico lo esercita in modo del tutto slegato dalle opinioni dei cittadini. Anche se i cittadini rifiutano questo modo di procedere, i partiti spesso affidano il governo a dei tecnici per fare politiche non gradite agli elettori. Dovrebbero essere “neutrali e super partes”, dovrebbero prendere decisioni “per il bene del paese”, ma in realtà tutto ciò ha avuto un pesante impatto sul conflitto distributivo. Ora si parla solo di situazione economica e il nuovo lavoro dei partiti politici è quello di convincere gli elettori che la colpa “delle decisioni prese durante i governi tecnici” non è la loro.

Ora anche se qualche cittadino ha voglia di manifestare la volontà di partecipare attivamente ai processi decisionali, ormai è troppo tardi, il potere politico sostanziale è nelle mani delle élite economiche e finanziarie, nazionali ed internazionali. I partiti sono troppo deboli e assoggettati alle élite. Le attuali politiche nascono a protezione degli interessi delle élite stesse. Muore la democrazia, sottoposta al controllo di pochi, una casta fatta di tecnici e burocrati, il cui prestigio dipende dalla venerazione della folla. La massa frustrata ormai è incapace di ribellarsi e non sa mettere in atto una rivoluzione per cambiare il suo destino. Non siamo neppure più in grado di chiede il rientro in patria della sovranità, ceduta questa da tempo a organi sovranazionali.

E’ nata l’era della passività delle masse, una servitù volontaria incapace di organizzarsi, incompetente e abituata da anni a delegare. Storicamente le società dove il potere politico ed economico è concentrato nelle mani di pochi, sono società che convivono in modo coercitivo con la forza, sono disfunzionali e poco pacifiche: quindi come in passato serviva la repressione e il controllo, anche oggi andiamo verso il medesimo periodo. Siamo entrati anche nell’era del grande controllo e dei grandi controllori, di noi sanno tutto, e noi stessi gli abbiamo concesso questo privilegio. Più tempo passa, più cose sanno di noi e meglio possono controllarci.

Alessia http://liberticida.altervista.org