IOM (Organizzione internazionale per la migrazione): IL 57% DEI MIGRANTI E’ IN AFFITTO. Libia, SeaWatch un punto di svolta?

A volte, uno degli aspetti positivi di quando un bel casino ti capita tra capo e collo è che finalmente i problemi emergono con chiarezza. La vicenda Sea Watch 3 è davvero un caso emblematico, che ha generato un notevole clamore mediatico.

Inutile negare che la situazione in Libia è un gran macello: guerra, tribù, fazioni, traffico di clandestini e petrolio creano una massa gordiana da far rizzare i capelli. Già il fu Gheddafi ne aveva combinate di tutti i colori, ma erano rose e fiori in confronto ad adesso. Forse la Libia era troppo importante per lasciare che agisse da ago della bilancia in favore di qualcuno (Italia?), motivo per cui è stata fatta a pezzi nel 2011 e gettata nel caos, creando così un bel teatrino proprio alle porte di casa nostra.

Quando la Sea Watch 3 forza l’ingresso a Lampedusa il 29/6 scorso, il traffico di clandestini verso l’Italia è ormai in profonda crisi, i numeri dell’agenzia internazionale IOM (Inter-governmental organization in the field of migration) e del ministero dell’Interno sono impietosi:

https://migration.iom.int/europe?type=arrivals

http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/it/documentazione/statistica/cruscotto-statistico-giornaliero

Gli sbarchi non sono mai stati così limitati da anni; bisogna tornare indietro addirittura fino al 2011 per trovare dei numeri comparabili. Un disastro per i trafficanti e per i vari attori coinvolti nella filiera dell’accoglienza. Pure per gli assemblatori di gommoni sembra finita la pacchia, in tanti saranno a casa; chissà se hanno un po’ di stock da parte, altrimenti se il business riparte non ci saranno gommoni da consegnare, anche se questa stagione la vedo già andata. https://it.wikipedia.org/wiki/Scafista#/media/File:Migranti_sbarcati_in_Italia_1997-2016.png

Il merito della poco brillante fase del business scafista va per la maggior parte al presente Governo che si è attivato per bloccare gli sbarchi e chiudere i rubinetti che alimentavano il business dell’accoglienza: la politica dei cosiddetti “porti chiusi”, i decreti Sicurezza e la riduzione della diaria da 35 a 21 euro hanno portato alla situazione di cui sopra.

Il caso Sea Watch 3 è interessante anche per le critiche al Governo; i soliti noti PD & soci sul versante interno, che hanno pure mandato un drappello di accoglienti a bordo giusto prima dell’entrata in porto, ma ancor di più i “partner” europei si sono distinti nell’attacco con i franco-tedeschi in prima fila. Di seguito un buon articolo che riassume il tutto.

https://www.analisidifesa.it/2019/07/il-caso-sea-watch-delinea-i-nemici-dellitalia/

Qui siamo in Italia”

Dopo quasi un mese, il caso sembra ormai chiuso, ma la faccenda riserva ancora una sorpresa: salta fuori che a bordo c’era una troupe della televisione tedesca (pubblica) ARD per girare un bel documentario volto a osannare le gesta del prode equipaggio. Secondo il sito tedesco journalistenwatch, si tratta di una sfacciata operazione di propaganda in stile anni Trenta per illuminare il pubblico tedesco sulla lodevoli azioni delle ONG, “probabilmente pensata per cercare uno scontro con le autorità italiane”.

https://www.journalistenwatch.com/2019/07/15/rackete-sea-watch3/

Ho dato un’occhiata al video:

  • nave e attrezzature notevoli. Ritorna l’eterna domanda: ma chi paga?
  • simpatico come il mal di denti il tedesco che spiega i diritti alle risorse per farsi accogliere in Italia; platea un filo assorta, secondo me ha dovuto rispiegare (minuto 29). Portarli a casa sua no?
  • lager e torture: 10 risorse su 50 vengono prelevate dal personale medico della Guardia Costiera perchè bisognose di cure. In generale però non sembrano macilenti, anzi; i campi libici hanno decisamente più stelle di quelli tedeschi dell’ultima guerra. Nessuna prova delle torture viene mostrata;
  • mitico l’ufficiale della Finanza che chiede di spegnere le riprese della TV tedesca in quanto “siamo in Italia” (minuto 34) La capitana si ricorderà della Finanza dopo qualche giorno all’attracco in porto;
  • Sea Watch va all’attracco nonostante ci fosse già la motovedetta della Finanza. Alla faccia delle regole, dei diritti e del rispetto della vita, tanto sono Finanzieri italiani, così imparano.
  • pesante e duro il lavoro per le forze italiane coinvolte; TV e video da tutte le parti, basta fare una cavolata e ti sbattono online;
  • non ci sono i parlamentari Pd. Strano eh. Mica si deve pensare che sia… un’operazione di propaganda, no?

Per il resto giudicate voi: https://www.journalistenwatch.com/2019/07/26/ndr-doku-was/. Una bella storia questa, dove c’è anche il lieto fine grazie alla singolare scarcerazione della Carola http://www.ilgiornale.it/news/politica/liberazione-carola-errore-madornale-gip-smentita-dai-capi-1731097.html. Naturalmente il Governo avrà senz’altro presenti altri aspetti della questione, come l’asimmetria insita nell’utilizzo dell’immigrazione come arma, che va ben oltre l’attacco ai confini fisici e al guadagno a breve termine, ma può minare la sovranità del Paese, compromettendo la stabilità di un Governo eletto e condizionandone la politica. Sempre attuale il libro Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy.

Per gli interessati, si raccomanda:https://calhoun.nps.edu/handle/10945/11515

Quindi il caso Sea Watch non è nient’altro che l’ultimo sussulto di un business che sta soffocando, il primo segnale di una nuova lucrosa ripresa, o altro? Vedremo, è presto per dirlo. Intanto la correlazione tra il grafico delle partenze e quello delle morti in mare durante la traversata premia il Governo, da sempre sostenitore della tesi che il primo passo per ridurre i morti in mare è azzerare le partenze.

Adesso spendiamo due righe sulla situazione in Libia, dipinta come insostenibile da opposizioni e ONG, e causa principale del traffico di clandestini. Devo dire che la consultazione della 25-esima edizione del Libya’s migrants report mi ha riservato qualche sopresahttps://migration.iom.int/reports/libya-%E2%80%94-migrant-report-25-march%E2%80%94may-2019. Si parla di più di 600.000 persone intervistate in tutta la nazione per raccogliere i dati; gran lavoro per i team dell’agenzia ONU per l’immigrazione IOM che lo hanno attraversato in lungo e in largo, cosa già di per sé singolare se uno pensa alla Libia come paese in preda a bande di predoni e mercenari.

Ma i dati più interessanti riguardano la distribuzione dei migranti nel paese e la loro sistemazione: parecchia gente risiede in provincie lontane dal mare, in pieno deserto, ma che pare siano sede di infrastrutture legate all’industria petrolifera. Sorprendente il fatto che ben il 57% delle persone è in affitto a proprie spese, fatto che sembra indicare una certa tendenza alla residenza per motivi di lavoro. Non saranno resort a 4 stelle, ma gli intervistati dichiarano di pagare da 15 fino a 500 dollari al mese.

Vengono citati i Detention Centers, i famosi “lager”, e l’attacco aereo dei primi di luglio che ha centrato uno di questi ma niente di più; si parla di abusi a danno di alcune persone ma anche su questo punto non c’è enfasi, né ci sono allarmi. Invece, un paio di pagine buone vanno per descrivere la situazione a Tripoli in termini di libertà di spostamento, accesso ai mercati per approvigionarsi e pure disponibilità di lavoro. Nel caso interessi, sappiate che conviene stare alla larga dal Al-Zaziya, mentre cercano lavoratori a Suq Aljumaa. Nessun problema invece a Tripoli centro. Sembra quasi la fotografia di un paese che sta cercando di tornare alla normalità nonostante i combattimenti, ma magari mi sbaglio.

Infine, da segnalare anche lo sconosciuto programma VHR, Voluntary Human Return, altro programma ONU che assiste i migranti nel ritorno al loro paese di origine, ma che risente dei combattimenti vicino alla capitale.

https://libya.iom.int/news

https://www.iom.int/news/voluntary-humanitarian-return-flights-resume-january-1-un-migration-agency-continues-efforts

Secondo Analisi Difesa sono già 40mila le persone rimandante nei paesi d’origine, un numero sbalorditivo per gli striminiziti standard italiani.

https://www.analisidifesa.it/2019/07/i-porti-chiusi-sono-un-successo-e-i-migranti-vanno-in-libia-per-lavorare/

Speriamo che questo strazio finisca quanto prima, ma non sarà facile visto lo stallo militare e la posta economica in gioco nella nostra ex colonia.

Adesso è in arrivo la Alan Kurdi, bandiera tedesca, la capitana questa volta è Barbara, giornalista della Bild incluso. Naturalmente nessun porto in Tunisia va bene, Tripoli neanche per idea. Parlamentari PD in preallerta?

Certo che con quello che è successo di recente in Germania, dove a Francoforte un immigrato ha buttato un bambino sotto un treno, glorificare le Ong per attaccare il governo italiano non sembra un gran mossa, ma se a loro va bene allora…allora via così!

Salvini denied “Alan Kurdi” the drivewayhttps://www.bild.de/politik/ausland/politik-ausland/seenotretter-vor-lampedusa-salvini-verweigert-der-alan-kurdi-die-einfahrt-63681332.bild.html

Eugenio F. (MrY)

https://displacement.iom.int/system/tdf/reports/DTM_Tripoli_MigrantAssessment_2019-07-03_FINAL.pdf?file=1&type=node&id=5994

https://migration.iom.int/system/tdf/reports/DTMLibya_R25_MigrantReport_FINAL.pdf