Indagini Pazze: Il mistero dell’Augusta scomparso.

Oggi parleremo di un elicottero della finanza scomparso, ma non solo.

Prima di raccontare di fatti forse solo apparentemente collegati chiariamo subito una cosa. Chi ha commesso questi delitti appartiene a gruppi diversi di persone, agenti segreti di diverse nazioni, malavita, massoni, frange deviate delle forze armate e della magistratura. Tutti collegati da un unico comune denominatore. Lo stato Italiano. Stato che, grazie ad una capillare azione di depistaggio, ha fatto di tutto per nascondere, deviare e mascherare la verità. Fino a giungere ad uccidere e a condannare innocenti, nel farlo.

La storia parte da lontano, negli anni 50, addirittura. Nel 1956 nasce in italia l’organizzazione Gladio, facente parte di una organizzazione internazionale, detta “Stay Behind” che sarebbe dovuta servire ad organizzare una resistenza in caso di invasione sovietica. Gli organizzatori statunitensi pensarono che i partigiani italiani, pure volonterosi, non fossero davvero in grado di opporsi alle armate sovietiche e raggrupparono quelli che chiamavano “gladiatori” in una organizzazione in grado teoricamente di opporsi alle armate iugoslave. Un obbiettivo più alla portata di questa “scalcinata dozzina” di eroi. La storia di questi “bravi ragazzi” è lunga e intrecciata come tutti i grandi misteri italiani, bombe comprese. Un mix inestricabile di combattenti segreti, addetti dei servizi, forze deviate, mafia e tanto altro. Ma il vero problema di questa organizzazione è un altro, la fine dell’impero sovietico e la dissoluzione della Iugoslavia fecero venire meno la ragione stessa della loro esistenza.

Il 26 dicembre 1991 cade in silenzio l’impero sovietico, appunto. E le centinaia di depositi di armi nascoste in tutta Italia cominciano a diventare scomodi. Armi potenti, missili, centinaia o forse migliaia di tonnellate di esplosivo e tanto altro. Ogni tentativo di “riutilizzare” l’organizzazione fallì, grazie anche a tante indagini in corso. Occorreva fare qualcosa, e fare sparire da qualche parte le armi.

Partiamo da Capo Marraggiu, in Sardegna, la base di addestramento super-segreta da dove sono confluite tutte le armi, sparse in tanti depositi in giro per l’Italia. In attesa di decidere cosa farne occorreva senz’altro metterle al sicuro.

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E subito la nostra attenzione si sposta a Trapani, lì opera un’altra simpatica struttura segreta del gruppo, Il Centro Scorpione. Questo centro si occupava di traffici, addestramento e tante altre cose, grazie anche all’aeroporto militare abbandonato di Kinisi. La pista di circa un chilometro e mezzo esiste ancora, vicino a Trapani, proprio nella zona dove si trova la tendopoli dei migranti.

Adesso che abbiamo cominciato a conoscere alcuni dei luoghi che interesseranno la nostra storia cominciamo ad elencare i fatti.

31 Maggio 1972 Strage di Peteano. Tre carabinieri muoiono cercando di aprire il cofano di una auto imbottita di esplosivo. Soliti depistaggi e disinformazione e un processo addirittura per Giorgio Almirante, che sembra avesse favorito i veri responsabili della strage, misteriosamente organizzata da esponenti del MSI locale.

Dicembre 1972 I depositi di armi della Gladio vendono ufficialmente dissepolti e spostati: dei 139 esistenti però solo 127 verranno ritrovati, gli altri, si dice, si trovano sotto costruzioni o opere realizzate nel frattempo. Ma in realtà le armi verranno solo spostate all’interno di stazioni dei carabinieri sparse per tutta l’Italia.

28 Gennaio 1973 La scorta di Giorgio Almirante (ancora!) alle sette di mattina, mentre percorre la statale, nota “al volo ” qualcosa di strano nella casermetta di Alcamo Marina. La sera prima la porta blindata era stata forzata con la fiamma ossidrica. I due carabinieri presenti all’interno, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, vengono ritrovati all’interno della casermetta , crivellati di proiettili mentre dormivano. Le indagini puntano su di una serie di persone accusate da uno dei probabili perpetratori, Vesco Giuseppe. Sospettato che opportunamente si suicidò prima del processo, subito dopo aver annunciato la scrittura di un memoriale ove indicava i nomi dei veri complici dell’eccidio: la depressione improvvisa che lo colse fu tale che lui, privo di una mano, si arrampicò fino ad una grata posta a tre metri di altezza per impiccarsi nell’infermeria del carcere. Il colonnello Giuseppe Russo, capo del reparto antiterrorismo che si occupò degli interrogatori, chiese insistentemente ai sospettati, che erano del tutto innocenti – come si dimostrò poi – dove fosse finito “il materiale” presente nella casermetta. Forse sarebbe stato utile sentire cosa pensasse di questo il colonnello Russo: purtroppo un commando mafioso, diretto da Riina, lo fece fuori quasi un anno dopo, proprio mentre stava indagando sull’omicidio Mattei. Ma guarda un po’ le coincidenze, a volte. Una narrazione alternativa narra della scoperta da parte dei due poveri carabinieri di un carico di armi da guerra, e dell’attesa di “superiori” che la mattina dopo l’eccidio sarebbero dovuti venire a dare una occhiata. Armi provenienti da dove, e di chi?

Il 1972 e gli anni successivi furono importanti, venne alla luce l’esistenza dei depositi segreti NATO, armi ed esplosivi che vennero spostati successivamente in depositi segreti, sempre pronte per l’invasione comunista, che ovviamente non avvenne.

Ma ecco la fine dell’impero sovietico e la necessità di “smaltire le scorte”

26 Settembre 1988 Mauro Rostagno, il giornalista siciliano viene ucciso. Coincidenza volle che poco prima, come testimoniò la sorella di lui, egli fosse venuto a conoscenza di un traffico facente capo all’aeroporto già allora abbandonato di Kinisi. Misteriosi aerei atterravano di notte, coperti dalle colline vicine e invisibili dai radar. Pare che scaricassero aiuti umanitari provenienti dall’Africa e poi ripartissero pieni di armi. Ovviamente nessuna prova in merito venne trovata dagli inquirenti. Tutte congetture.

10 aprile 1991 La Moby Prince parte dal porto di Livorno, a seguito di un urto con una petroliera scoppia a bordo un gigantesco rogo, 140 dei 141 passeggeri a bordo muoiono. Cosa c’entra, direte voi, con Gladio e il traffico? Forse niente, quello che colpisce comunque è il tragico e definitivo ritardo nei soccorsi. La misteriose nave da carico “Theresa” annuncia la sua partenza frettolosa: peccato che, oltre alle intercettazioni del traffico radio non ci sia nessuna traccia nei registri portuali di tale nave, così come delle altre navi “militarizzate” in zona: almeno sette, come si evince dalle indagini, di varie nazionalità e presumibilmente cariche di armi provenienti dalla guerra del golfo appena conclusa. Casualmente, nella rada c’è anche un peschereccio somalo, il “21 October”, l’ammiraglia di una flotta regalata al governo somalo dal governo italiano. Prima di finire nella rada del porto di Livorno in cerca di pesci il peschereccio aveva fatto scalo a Beirut, Tripoli e in vari porti iraniani. Un accidente di campagna di pesca, pare. Dulcis in fondo il misterioso peschereccio si ferma per causa di una avaria per parecchio tempo nel porto di Livorno, proprio in mezzo ad altre navi che trasbordano enormi quantità di armi e munizioni. Ma guarda un po’ le coincidenze, di nuovo. Non solo, pare che questo genere di avarie fosse proprio ricorrente. Motori birichini.

Luglio 1993 Torniamo ad Alcamo: nel sotterraneo di una villa fu ritrovato un gigantesco deposito pieno di centinaia di armi da guerra e un numero considerevole di munizioni, insieme al materiale per fabbricarne di nuove. I due custodi del deposito pare fossero due carabinieri, Vincenzo La Colla e Fabio Bertotto: i due si giustificano dicendo di non poter trattenere la lor voglia di esercitarsi al tiro al bersaglio. I giudici, dopo lo sgomento iniziale arrivano a credergli, soprattutto quando scoprono che Bertotto è anche un membro dei servizi. A quel punto l’interesse degli inquirenti si sposta sul capo del Centro Scorpione, la base dei “gladiatori” locale. Un tal Li Causi, di cui parleremo.

12 Novembre 1993 Vincenzo li Causi, agente dei servizi italiani viene ucciso in Somalia, durante uno strano agguato, colpito da una pallottola vagante. Stava ritornando in Italia, e proprio il giorno dopo sarebbe dovuto comparire davanti al giudice Casson. Avrebbe dovuto riferire di Gladio e del traffico di armi e rifiuti radioattivi in quel paese.

2 Marzo 1994 A Capo Ferrato, in Sardegna è in corso una esercitazione militare. L’elicottero della finanza Volpe 132, un Augusta a-109, ha a bordo il brigadiere Fabrizio Sedda e il maresciallo Gianfranco Deriu. Sul luogo dell’esplosione del velivolo c’è il cargo Lucina, fermo nella rada da tempo: il mercantile si dilegua velocemente dopo la scomparsa dell’elicottero. Sul depistaggio che seguirà si potrebbe scrivere diversi libri, anzi, diversi ne sono stati scritti: si fece di tutto per negare l’abbattimento dell’elicottero con un missile, fatto che venne certificato dalle analisi dei pochi resti ritrovati, gli altri sono stati fatti sparire. Cosa stava facendo la nave “Lucina” nella zona? E come mai tutti gli anni si fermava per lungo tempo in quella zona, al largo?

Mogadiscio 20 marzo 1994 Ilaria Alpi, giornalista che indagava su di un traffico di armi e di rifiuti radioattivi muore in un misterioso agguato in Somalia. Un suo procacciatore di informazioni era Li Causi, che inizia a diventare un protagonista indiscusso dell’intricata vicenda. Ilaria, insieme al suo cameraman stava ritornando dal porto di Bosaso, punto cardine della vicenda.

A questo punto la nostra attenzione si sposta sulla Somalia, in particolare sull’autostrada Garoe-Bosaso . Una strada lunga centinaia di chilometri costruita dagli italiani attraverso il deserto: anni di lavoro e oltre cento miliardi di lire dell’epoca. 442 chilometri di strada che finivano a Bosaso, un porto senza porto, da dove partivano imbarcazioni trascinate sulla spiaggia a mano. Strada che doveva servire, secondo Ilaria Alpi per depositarne ai bordi e forse anche sotto il manto stradale enormi quantità di rifiuti tossici e radioattivi. Però grazie soprattutto al fatto che in Somalia non esiste un vero e proprio governo, il porto di Bosaso si espande e diventa un vero porto, su cui fare approdare vere navi mercantili. In questi giorni è in forte espansione. Immaginiamo che non tutti i carichi possano essere legali al 100 per cento, una tappa di una rete che fa capo ad altre nazioni “sospette”, quali Ucraina – o meglio il porto di Odessa in mano alla mafia georgiana – Kosovo e altre nazioni. Sempre in questi giorni, grazie al gigantesco aumento del traffico su strada l’autostrada Bosaso-Garoe è stata ampliata: fossi in loro però non scaverei troppo a fondo.

6-7 Luglio 1994 A Djen Djen, porto algerino controllato dai militari locali, accade un massacro: l’equipaggio della Lucina, il mercantile di cui avevamo parlato poco prima, fu sgozzato da quelli che vengono chiamati “integralisti islamici”. Strano, dato che la nave era ormeggiata da mesi dentro una vera e propria base militare. Come mai il mercantile si trovava lì, e da cosa erano composte le seicento tonnellate di carico indefinito presente nei registri e sparito nel nulla? Era stato svuotato un deposito in Sardegna? E chi erano le persone presenti in zona che disponevano addirittura di missili antiaereo? Da dove provenivano questi missili? Difficile chiederlo ai morti. Ma un membro dell’equipaggio si salva, anzi due: quello importante è però Gaetano Giacomina di Oristano. Incredibilmente costui è un membro di Gladio, e conosceva bene parecchi degli altri “gladiatori” citati fino ad ora.

Purtroppo Gaetano muore a Capo Verde nel 1998, colpito da un paranco birichino. Il suo corpo riposerebbe ad Oristano, ma non ne siamo certi, dato che le numerose istanze di riesumazione (della salma raschietta) richieste da suo padre sono rimaste inascoltate dai giudici, questi non hanno mai dato l’autorizzazione.

E qui finisce la stramba storia narrata dal vostro Nuke, una lunga catena di misteri tutti collegati tra di loro, e l’elenco – credetemi – andrebbe avanti ancora a lungo. Per mancanza di tempo non ho continuato, dato che non sarei mai riuscito ad andare fino in fondo.

Per approfondire iniziate dai tanti link che trovate elencati qui sotto. L’ultimo, il più importante, è l’inizio di una serie di rivelazioni che gettano ombre sulla strage di Capaci. Un ex carabiniere avrebbe piazzato le centinaia di chili di esplosivo utilizzato nella strage. In tutti e due i luoghi preposti, nel caso che la prima bomba non avesse avuto effetto una seconda era pronta lungo l’autostrada più avanti. Esplosivo che gli inquirenti all’epoca asserirono provenisse da una nave affondata durante il secondo conflitto mondiale: una tonnellata di esplosivo? E i detonatori? Sicuri sicuri?

By Nuke di Liberticida e Orazero

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