diventa gloria nel sole di York.
Le nubi che oscuravano la Casa
stanno, morte, nel seno dell’oceano.
Ecco alle tempie i segni del trionfo,
e le armi trasformate in ornamenti,
e i nostri allarmi tetri in dolci incontri,
le brutte marce in danze di piacere.
Ora il dio Marte rilassa lo sguardo;
perché non vola sui cavalli ornati
per atterrire l’altra schiera, e ora
si atteggia piano in camere di donna:
Marte asseconda qui il liuto lascivo.
Ma io non sono nato per gli svaghi
né per servire lo specchio amoroso.
Mi ha fatto un rude stampo; senza grazia
che vada dietro ai fianchi di una ninfa,
io che non ho la bella simmetria
e in cui Natura ha fabbricato l’uomo
al contrario, deforme e non finito,
mandato dentro il mondo che respira
con mezzo corpo appena, cosa storpia
odiata anche dai cani – benché cane.
Nel tempo della pace effeminata
la mia sola delizia è la mia ombra:
perché ne osservo la deformità.
Poiché non sarò mai il buon amante
che sa parlare con i giorni miti,
io decido di agire da cattivo,
per l’odio contro l’ozio del bel tempo.
E ho tramato intrighi e altri pericoli
piegando profezie, calunnie e sogni:
da “riccardo III” di Shakespeare.