Doppio post , oggi , prima vi parlo di un libro di azione , poi facciamo una piccola riflessione tecnica sull’incipit di questo libro.
Jack Reacher , il protagonista vede una donna in un vagone della Metropolitana e , crede di riconoscere in essa i “segni” dell’attentatore suicida, come
Presentano vari segni rivelatori, in genere perché sono nervosi. Sono tutti per definizione alla prima esperienza.
Il controspionaggio israeliano ha dettato la strategia difensiva.
elenco di indicatori comportamentali. Ho imparato quella lista vent’anni fa da un
capitano dell’esercito israeliano.
Vent’anni dopo li ricordo ancora. E il mio sguardo non smette mai di muoversi.
L ’elenco è di dodici punti se osservi un sospetto di sesso maschile. Di undici, se ne
osservi uno di sesso femminile. La differenza sta nella barba fatta da poco.
Ma la barba non mi interessava.
Stavo usando l’elenco di undici punti.
Stavo osservando una donna.
Ero in metropolitana a New York.
6, la linea locale di Lexington Avenue, direzione
uptown, ore due del mattino.
tutta sola sulla panca da otto più lontana, dalla
parte opposta e circa a metà tra la donna sfatta
dalla fatica dell’Africa occidentale e l’uomo con
o sguardo da giocatore di baseball.
tagliati con cura, ma non alla moda, di un colore
troppo uniforme per essere naturali.
vestita di nero. La vedevo piuttosto bene.
L ’uomo più vicino a me sulla destra sedeva
proteso in avanti e lo spazio a V tra la sua
consentiva una traiettoria visiva ininterrotta, tranne per la foresta di barre d’acciaio lucido.
Non era una visuale perfetta, ma sufficiente in ogni caso a far scattare tutti gli allarmi
dell’elenco di undici punti.
Secondo il controspionaggio israeliano stavo osservando una kamikaze.
l’abbigliamento inadeguato.
esplosive si sono ormai evolute come i guantoni
da baseball.
Inserisci una fila di candelotti di dinamite lungo tutta la circonferenza, collegali con un filo, riempi gli spazi vuoti con chiodi o cuscinetti a sfere, cuci l’orlo superiore, aggiungi un paio di rozzi spallacci per reggere il peso.
Ma eravamo in settembre e faceva caldo come d’estate; sotto terra c’erano dieci gradi di più.
Io indossavo una maglietta. La passeggera numero quattro un piumino della North Face nero, gonfio, lucido, un po’ troppo grande e con la cerniera chiusa fino al mento.
Saltai il secondo degli undici punti.
Il secondo punto è: camminata da robot.
Rilevante a un checkpoint, in un mercato affollato, all’esterno
di una chiesa o di una moschea, non con un sospetto seduto su un mezzo di trasporto
pubblico.
I kamikaze camminano come robot non perché siano sopraffatti dall’estasi al
pensiero dell’imminente martirio, ma perché si portano addosso venti chili in più a cui non
sono abituati, che tagliano loro la carne delle spalle a causa degli spallacci grezzi, e perché
sono drogati.
L ’attrattiva del martirio arriva solo fino a un certo punto. In genere i kamikaze
sono dei balordi plagiati, con un rotolino di oppio grezzo tra la gengiva e la guancia. Lo
sappiamo perché le cinture con la dinamite esplodono con un’onda di pressione
caratteristica, a forma di ciambella, che si diffonde su per il tronco in una frazione di
nanosecondo e stacca di netto la testa dalle spalle.
La testa umana non è imbullonata. Sta semplicemente lì per gravità, tenuta in parte
dalla pelle e dai muscoli, dai tendini e dai legamenti, ma quegli esili ancoraggi biologici
non fanno molto contro la forza di un’esplosione chimica violenta.
Il mio mentore israeliano mibaveva spiegato che il modo più facile per
stabilire se un attacco all’aperto sia stato causato da un kamikaze anziché da
un’autobomba o da un pacco bomba è ispezionare la zona in un raggio di venticinque,
ventotto metri in cerca di una testa umana mozzata, che risulta con molta probabilità
stranamente intatta e integra, fino al particolare del rotolino d’oppio nella guancia.
comportamento nervoso. Anche se a mio parere il sudore può essere causato tanto dal
riscaldamento fisico eccessivo quanto dalla tensione. Dall’abbigliamento inadeguato e dalla
dinamite. La dinamite è polpa di legno imbevuta di nitroglicerina e modellata in bastoni grandi
come sfollagente. La polpa di legno è un buon isolante termico. Perciò il sudore è una
conseguenza normale. L ’irritabilità, i tic e il comportamento nervoso sono tuttavia indicatori
preziosi. Quegli individui sono arrivati agli ultimi strani momenti della loro vita, sono in
ansia, spaventati dall’idea del dolore, storditidai narcotici. Sono irrazionali per definizione.
credono in parte o non credono affatto al paradiso, ai fiumi di latte e miele, ai pascoli
rigogliosi e alle vergini; all’improvviso si ritrovano troppo invischiati e incapaci di
uscirne. Fare discorsi coraggiosi nelle riunioni clandestine è una cosa. Agire, un’altra. Di qui il
panico represso con tutti i segni visibili.
La passeggera numero quattro li presentava tutti. Aveva proprio l’aspetto di una donna
avviata alla fine, con la stessa certezza e sicurezza con cui il treno si avviava al capolinea.
Perciò punto sette: la respirazione.
Ansimava in modo sommesso e controllato. Inspirava, espirava, inspirava, espirava. Come
in una tecnica per vincere il dolore del parto, per effetto di uno shock spaventoso o quale
ultima disperata barriera per trattenere un urlo di sgomento, di paura, di terrore.
Punto otto: i kamikaze prossimi a entrare in azione fissano rigidi davanti a sé. Nessuno sa
perché, ma le prove video e i testimoni oculari sopravvissuti si sono rivelati concordi in
proposito. I kamikaze fissano dritti davanti a sé.
Forse per tanto impegno arrivano a un punto di stallo e temono di essere scoperti. Forse come i cani e i bambini credono che, se loro non vedono nessuno, nessuno veda loro. Forse
l’ultimo brandello di coscienza impedisce loro di guardare le persone che stanno per
annientare. Nessuno sa perché, ma lo fanno tutti.
La passeggera numero quattro lo stava facendo. Quello era certo. Fissava dal finestrino
nero di fronte con intensità tale da perforare quasi il vetro.
Punti uno-otto, ok. Spostai il peso in avanti sul sedile.
Poi mi bloccai. L ’idea era tatticamente assurda. La tempistica era sbagliata.
Poi guardai di nuovo. E mi mossi di nuovo.
Perché i punti nove, dieci, undici erano tutti lì e anche giusti, ed erano i punti più importanti di tutti.
motivati, corroborati o pilotati dalla religione, quasi esclusivamente da quella islamica, e gli
islamici sono soliti pregare in pubblico. I testimoni oculari sopravvissuti parlano di
lunghe formule magiche recitate e ripetute all’infinito in modo più o meno impercettibile,
ma con un movimento visibile delle labbra. La passeggera numero quattro ce la stava
mettendo tutta. Le sue labbra si muovevano sotto gli occhi dallo sguardo fisso in una recita
lunga, ansimante, ritualistica che pareva ripetersi ogni venti secondi o poco più. Forse si
stava già presentando a qualsiasi divinità si aspettasse di incontrare sull’altra sponda.
Forse cercava di convincersi che c’erano davvero una divinità e una sponda.
attivata da un detonatore. I detonatori sono collegati dalla miccia a una fonte di elettricità e
a un interruttore.
I grossi detonatori a stantuffo dei vecchi film western erano tutte e due le cose insieme.
La prima parte del movimento dell’impugnatura azionava una dinamo, come un telefono da campo, poi scattava l’interruttore. Non erano pratici per uso portatile.
Per uso portatile ti serve una batteria e per ogni metro lineare di esplosivo ti servono un po’ di volt e ampere.
Le piccole batterie stilo emettono un debole volt e mezzo. Non abbastanza.
Una batteria da nove volt è meglio, e per un buon risultato te ne devi procurare una quadrata, grande quanto una scatola di zuppa pronta, per torce che si rispettino.
La batteria sta sul fondo della borsa e da essa partono i cavi che vanno all’interruttore; questi passano attraverso un taglio discreto sul retro della borsa e salgono serpeggiando sotto l’orlo dell’abito inadatto.
La passeggera numero quattro portava una borsa da postino di tela nera stile urban look: la cinghia su una spalla, la borsa stessa sotto l’altra, tirata in grembo. Dal modo in cui ricadeva la stoffa rigida, sembrava vuota tranne che per un unico oggetto pesante.
Il treno si fermò a 28th Street. Le porte si aprirono. Nessuno salì. Nessuno scese. Le porte si chiusero e il treno ripartì.
Punto undici: le mani nella borsa.
Vent’anni fa il punto undici costituiva una nuova aggiunta. Prima l’elenco terminava al punto dieci. Ma le cose evolvono. Azione e quindi reazione. Le forze di sicurezza e alcuni coraggiosi civili israeliani avevano adottato una nuova tattica.
Se qualcosa ti insospettiva, non ti mettevi a correre. Farlo in verità non aveva senso. Non puoi correre più veloce del frammento di un ordigno. Quello che invece facevi era afferrare il sospetto per stringerlo in un abbraccio disperato. Gli bloccavi le braccia lungo i fianchi.
Gli impedivi di raggiungere il pulsante.
Parecchi attentati erano stati sventati in questo modo. Molte vite erano state salvate.
Ma i kamikaze avevano imparato.
Adesso viene loro insegnato a tenere il pollice sul pulsante per tutto il tempo, in modo da neutralizzare l’abbraccio. Il pulsante sta nella borsa, accanto alla batteria. Perciò, le mani nella borsa.
La passeggera numero quattro aveva le mani nella borsa.
La cerniera era piegata e stropicciata tra i suoi polsi.
La “tecnologia del Kamikaze. quindi implica un essere umano con un corpetto esplosivo irto di chiodi o sfere d’acciaio , con tutti i candelotti o i panetti di esplosivo che esplodono contemporaneamente.
E per quello si parla di grosse batterie, non è sempre vero così, ma la tecnica usata implica l’uso di un sacco di detonatori, quindi relativamente tanta energia per farli detonare.
è il corpo stesso del Kamikaze che, se l’esplosione avviene come deve, ovvero con tutto l’esplosivo che esplode nello stesso momento, che diffonde i pezzi metallici tutto intorno , a trecentosessanta gradi, all’altezza e alla direzione ottimale per fare il massimo danno possibile..
Se venisse utilizzato uno zaino , per esempio , l’esplosione sarebbe parzialmente schermata dal corpo stesso dell’attentatore.
Se lo zaino o la valigia, fosse messa in un angolo o a terra, l’effetto voluto non sarebbe comunque ottimale.
Sarebbero efficaci comunque solo in spazi ristretti , con pareti che riescono a contenere e riflettere l’onda d’urto dell’esplosione.
Inoltre esistono sempre delle contro indicazioni , se non si usano esplosivi militari potentissimi l’esplosione deve avvenire all’interno di un contenitore, in grado di intensificare la forza della bomba (come una bomba, appunto) e si tratta sempre di oggetti piuttosto pesanti.
Il “vantaggio per i terroristi è che lo zaino esplosivo consiste in un panetto abbastanza omogeneo , quindi occorrono meno detonatori e è più facile far esplodere la bomba a distanza, anche solo con un cellulare (come negli attentati alla metropolitana di Londra, pare)
Quindi , sempre a grandi linee, i terroristi utilizzano veicoli Kamikaze imbottiti di esplosivo quando si vogliono far saltare veicoli o palazzi, persone con il giubbetto esplosivo se si devono colpire folle o assembramenti di persone e zaini o valigie in spazi chiusi , tipo locali pubblici o gallerie della metropolitana.
Ne consegue che, ad ogni pazzo che mormora con gli occhi sbarrati pronto ad immolarsi corrispondono altre persone che hanno “progettato” a tavolino l’attentato , con freddezza e ferocia.
Sempre per fare un esempio in Israele (dove da parecchi anni si effettuano attentati) di solito si fa saltare il Kamikaze e, li vicino si mette una bomba telecomandata per colpire i soccorritori.
Gli Israeliani hanno imparato e disattivano i telefoni cellulari prima di intervenire, comunque prima di visitare i feriti controllano accuratamente la zona.
Alle forze dell’ordine insegnano più o meno a stare attenti a questo, per cui se siete sovrappeso , avete mal di pancia o di schiena e portate una borsa, muovetevi con cautela, in certi ambiti.
Nota: tutte le informazioni da me pubblicate sono di pubblico dominio , e non è mia intenzione istigare nessuno alla violenza , solo voglio far notare il ragionamento e lo “studio” che sottendono gli attentati terroristici.