Guerra in Siria: cosa c’è dietro le tante vittime e le distruzioni

Al di là dell’Isis: qual’è la marmellata sui cui tutti vogliono mettere le mani?

Mentre i media ci terrorizzano con la lotta all’ISIS, ci sono molte compagnie petrolifere che mirano al controllo delle risorse di petrolio e di gas.

Negli USA nel dicembre 2014 lo Strategic Studies Institute (SSI) pubblica un rapporto : Link

I bacini menzionati sono:
-Levante-Cipro-Laodicea” (al largo delle coste siriane): il bacino del Levante comprende i territori off-shore di Israele, Palestina, Cipro, Turchia, Egitto, Siria e Libano.
  
-Il bacino nei territori delle Alture del Golan: nel 2013 sono iniziate le esplorazioni in questa zona che confina con Israele, Siria, Libano e Giordania. Nel 1967 Israele sottrasse questi territori ai danni della Siria. Il territorio appartiene alla Siria, ma di fatto è occupato e amministrato da Israele da allora.

  
-le risorse di gas off-shore di Gaza.

Si pone accento sul fatto che questi bacini di idrocarburi sono di rilevanza economica e geo-strategica per gli stessi Stati Uniti ed Israele. 
Ma il rapporto mette in evidenza che le tensioni regionali potrebbero degenerare a causa dei pesanti problemi politici pre-esistenti e tutto ciò farebbe scaturire una nuova escalation di guerra regionale inquietante. 
Il rapporto conclude nel sottolineare che gli Stati Uniti devono detenere una importante posizione militare per garantire il Mediterraneo orientale, in modo particolare per difendere il predominio sulla zona e mantenere lontano “potential new peace brokers such as Russia and notably China.”
Nel frattempo, va ricordato che sul bacino Levante-Cipro-Laodicea nel 2011 la società francese CGGVeritas aveva firmato col governo siriano un contratto esclusivo, per offrire supporto tecnico sulle prospezioni per la produzione di gas e petrolio sui tre blocchi al largo della costa siriana. 
Con lo scoppio della guerra civile siriana, i progetti delle imprese petrolifere furono sospesi. 
Nel settembre del 2015, la russa SoyuzNefteGaz, ha iniziato le operazioni di prospezione sulle coste siriane. 
Forse già si può intuire come verrà suddivisa la torta, nello scenario post-conflitto siriano.
Nel frattempo ci sono altre zone dove la temperatura potrebbe salire.
Il tutto accade, mentre il califfato dell’Isis si espande nell’Asia Centrale e tutto questo potrebbe creare una nuova bomba pronta ad esplodere. Maggior preoccupazione la desta l’Arabia Saudita, perché la monarchia saudita è presa da un bilancio fuori controllo a causa del basso prezzo del petrolio e dalla guerra contro gli yemeniti che addirittura conquistano porzioni del territorio saudita meridionale.
Potremmo ipotizzare un golpe interno saudita o vedere che l’Isis tenta di espandersi sul terreno saudita. Scenario che non escluderei. 
La stessa monarchia saudita, da molti accusata di finanziare il terrorismo islamico, ha fatto giustiziare lo sceicco Nimr al Nimr provocando accese proteste iraniane (ricordiamo un momento chi è Al Nimr: protestò contro l’Arabia Saudita chiedendo maggiore democrazia e la fine dell’oppressione degli sciiti sauditi, personaggio tuttavia molto controverso). Le proteste non sono arrivate solo dall’Iran ma anche dal partito libanese sciita Hezbollah e dagli Houthi yemeniti.
Attualmente si osserva che: l’Arabia Saudita è impegnata in Yemen in una guerra poco proficua contro gli Houthi (sciiti filo-iraniani), è alle prese con una problematica successione dinastica (il ministro della Difesa Mohammed bin Salman, secondo in linea di successione, vorrebbe far fuori lo zio) e al contempo sostiene lo Stato islamico in Siria. 
Tutto questo avviene in un clima dove in molti accusano i sauditi di aver affossato il mercato del petrolio con l’aumento della produzione.
Dall’altra parte si osserva che: l’Iran in Siria appoggia Bashar al Assad, aiuta le milizie sciite in Iraq nella lotta contro l’Isis e si è liberata dalle sanzioni. 
L’Iran, dopo la fine delle suddette sanzioni, sta già preparando nuovi accordi con Cina, India e Corea del Sud.
L’Iran negli ultimi anni si è infiltrata nel Bahrein nel tentativo di creare una ribellione sciita contro il governo bahreinita (la casa reale appartiene alla minoranza sunnita): se tale piano si realizzasse, questo sarebbe un ulteriore brutto colpo per i sauditi, visto che il controllo dell’ordine pubblico in Bahrein è affidato alle truppe saudite. 
Bisogna ricordare che il Bahrein è l’unico paese sotto l’influenza sunnita mentre la maggioranza del popolo è sciita (65%-70% della popolazione).
Arabia Saudita e Iran mirano a controllare la geopolitica della regione mediorientale ma senza una guerra lo scenario resta immutato.  
Il primo scenario prevede una guerra lenta fatta di piccoli scontri, dove entrambe le controparti additerebbero come “scusa comune” lo Stato islamico. 
Il secondo scenario prevede un conflitto regionale su vasta scala, magari in Iraq.
Bene Signore e Signori, oggi vi ho parlato di zone un po’ calde e di altre molto calde.
Allora…Faites vos jeux 
Dove scoppia la prossima guerra?
Su quale zona puntate la vostra scommessa?
Difficile da dire, visto che tutti voglio metterci le zampe: Usa, Arabia, Russia, Cina, Israele, Iran, Siria, Hezbollah, Isis, Libano…manca solo qualcuno da Marte!
Ringraziamo l’ottima Alessia per il solito articolo di approfondimento da un punto di vista diverso.
Rimane “inspiegabile” tanto accanimento per “reliquie barbariche” come il gas ed il petrolio, in un mondo che vede riduzione dei consumi e prezzi molto bassi.