E’ solo un problema di linguaggio: ecco come comunicare con le nuove generazioni

Osservavo, alcuni giorni fa, mia figlia davanti alla televisione mentre gioca: sulle ginocchia aveva appoggiato il telefono, in contemporanea seguiva uno di quei video incomprensibili che guarda sempre, troppo rumorosi e stupidi per me. Mi rendo conto di essere davanti ad un enorme problema generazionale.

Ricordo tanti anni fa, all’uscita dalla scuola elementare, appena arrivato dalla “città”, ovvero un paese più grande. Già passavo infinite ore a leggere libri, anche in francese, lingua che studiavo da solo e poi dimenticai, a furia di botte, a furia di fumetti di Asterix fatti mangiare foglio per foglio.

C’era anche un ragazzo grande e grosso, un bambinone direi adesso, che mi aspettava ogni santo giorno al’uscita: mi faceva sputare sangue ogni maledetto giorno, io gli arrivavo solo al petto (bullismo?). Il sapore della sabbia e dei sassi infilati in bocca a manciate, mentre lui mi stava seduto sulla schiena. Sapore di terra, sangue e di lacrime, direbbe qualcuno. Mi strappava i libri, mi toglieva i vestiti e poi mi lasciava lì, a ricompormi per tornare a casa da solo. Io ero lo “strano”, uno che non aveva mai toccato un pallone in vita sua, ma che leggeva tanto, tantissimo. Tornato a casa mia madre non c’era, e neppure mio padre, tutti presi dal lavoro. Non dissi mai nulla a nessuno, non avevo nessuno con cui parlare. Ma lamentarsi coi genitori era fuori discussione, se le buschi e non ti difendi dalle mie parti passi pure per scemo. Così presi una decisione!

A quei tempi non c’era l’assistente sociale, parlare con i professori avrebbe comportato una terribile vendetta (ci avevo già provato). Pensai che lui mi aspettava sempre dove non c’è nessuno che può vedere o sentire, decisi di provare a fare qualcosa, proprio là dove non c’è nessuno. Lo aspettai nascosto, con una arma improvvisata: scoprii che la paura fa male, è un crampo nello stomaco che non passa mai, una sete incredibile e il cuore che batte forte dentro le orecchie. Lui arrivò, mi stava cercando…

Uscii dal nascondiglio colpendolo con tutta la forza e urlando. Lui cadde subito a terra e gli diedi qualche altra robusta legnata qua e là. Lui supino in lacrime, sanguinante, si pisciò pure addosso: in un primo momento non me ne accorsi neanche, all’improvviso il mondo diventò tutto rosso, per la prima volta mi ero incazzato. Ero incazzato con lui perché mia aveva costretto a fare una cosa che non mi piace, usare la sua metodologia per difendermi. All’improvviso ti rendi conto che guardi il tuo nemico e non ti sembra neppure più così grande. Mi ricomposi, tirai fiato e trovai la forza di un ultimo saluto sincero: “ Se mi tocchi ancora io ti ammazzo“. (Una semplice constatazione amichevole: anche la redattrice non si fece tanti problemi, quale bischera che sono alle elementari presi a calci nelle p@lle tutti i compagni di classe che mi bistrattavano, da fantolina amavo farmi rispettare NDR).

bulliscmo

Come faccio a spiegarlo alla mia bambina? Esiste una app per questo? Come c@xxo faccio a spiegarle che i diritti – che ti meriti – sono quelli per cui hai lottato: la pace si ottiene sconfiggendo il nemico e non mandando un mediatore a trattare!

Ecco Drugo, anche tu alla fine potresti rimanere solo, in un angolo, ad aspettare qualcuno che ti sta cercando… E se non vinci le tue paure, il tuo nemico farà di te quello che vuole per sempre, è colpa tua perché glielo lasci fare. Subisci perché non ti incazzi.

Come faccio a spiegargli che i vegetariani e i pacifisti non sono il futuro, ma sono solo riserve di cibo per i predatori?

Come può capire? Se non lo capite voi che siete grandi, che vi fate calpestare dai clandestini, dai media che divulgano le “vere” notizie, vi fate spogliare di ogni diritto, vi fate depredare dalle tasse, vi arrendete e accettate tutto quello che lo stato vi impone, voi che per “comodità dall’alto del vostro scranno” credete di conoscere l’assoluta verità su tutto…

Come posso spiegarlo ad una bambina che sta crescendo? Sì perché sta crescendo nel vostro mondo, un mondo dove voi avete accettato di farvi fagocitare in una vita non vita: avete accettato di essere zombie.

UN PADRE,

NUKE http://liberticida.altervista.org/