Arabia Saudita: la vendita di parte delle quote di Aramco e sussidiate -L’affare del secolo o c’è qualcosa sotto?

Due mappe, due semplici mappe e capirete qual’è il problema, strano che i giornaloni non se ne siano accorti, vero?

Ecco la mappa n.1 noterete che tutte le attività petrolifere e i giacimenti sauditi sono raggruppati in una piccola parte del paese, nel golfo persico.
Esclusi gli oleodotti e gasdotti est-ovest, che comunque servono solo al trasporto.
Ma di questo parleremo più avanti, lasciamo che sia Alessia a raccontarci qualcosa, ora.

In questi giorni continua il rimbalzo di notizie sulla futura quotazione in borsa di SAUDI ARAMCO la compagnia petrolifera statale saudita.

Già in passato per la raffinazione i sauditi avevano aperto le porte agli investitori stranieri. Il principe saudita Muhammad bin Salman ha affermato che “…stanno studiando varie opzioni per consentire una partecipazione pubblica più vasta al proprio capitale...” e sempre nel comunicato si legge che “…il collocamento potrebbe riguardare una quota della compagnia, le sue sussidiarie downstream o entrambe le cose”. Poi alcuni affermano che si parla, al momento, di una quotazione iniziale in borsa pari al 5%. Quindi parto dalla premessa che i sauditi, anche se già in contatto con investitori internazionali stanno esplorando diverse opzioni.
Affermati analisti spiegano che l’eventuale quotazione non può essere fatta sulle maggiori Borse Internazionali, perché queste ultime costringerebbero il governo saudita a fornire informazioni dettagliate su riserve e capacità produttiva. Bloomberg sottolinea che potrebbe essere difficile valutarla con esattezza a causa delle dimensioni e anche perché le autorità saudite non hanno mai voluto fornire dati ufficiali relativi alle effettive riserve di greggio detenute dalla società. Ora, va ricordato, che l’Arabia Saudita considera i dati “riserva e capacità produttiva” come un segreto di stato da difendere gelosamente.
La mia analisi punta sul capire alcuni passi avvenuti in questi ultimi mesi: i sauditi abbattono le quotazioni del petrolio per mettere in difficoltà la concorrenza. Quindi è evidente che il crollo del prezzo del barile ha avuto esiti negativi sull’economia saudita e quindi il bilancio di Riad ne ha risentito in modo molto negativo. 
Il mercato ritiene che il momento non è dei più propizi perché la quotazione potrebbe avere effetti negativi sulla valuta saudita. 
Se veramente i reali sauditi avessero bisogno di liquidità a breve, questa operazione mostra che la situazione è critica poiché le proiezioni di mercato indicano che il prezzo del petrolio continuerà a scendere.
Sempre in questa logica anche se il crollo del prezzo del petrolio ha generato un grosso deficit di bilancio, controbilanciato dal piano di risanamento che prevede tagli ai sussidi statali, l’idea di quotare l’Aramco mi sembra un tantino anomala.
Quindi sarà fondamentale aspettare che i sauditi chiariscano se verrà quotata la compagnia madre o le controllate e in che misura.
-La privatizzazione di Saudi Aramco rafforzerebbe le disponibilità finanziare dell’Arabia Saudita, quindi quest’ultima alimenterebbe la continua strategia di affossamento delle aziende che producono shale gas e shale oil. Ma questo mi sembra strano, perché le aziende venezuelane, americane e canadesi sono già pesantemente indebitate e poco estrattive.
-La decisione di quotare Saudi Aramco accenderà nuove tensioni con l’Iran: nell’ultimo periodo i rapporti tra le due nazioni non sono per nulla idilliaci.
-Il prezzo basso del petrolio ha incrinato la lunga amicizia tra USA ed Arabia.
-La guerra in Yemen sta costando una fortuna ai sauditi e non si esaurirà nel breve termine; Riad necessita di grossi finanziamenti per la spesa militare che è in forte aumento.
-Le crescenti tensioni in Medio Oriente fanno desiderare all’Arabia Saudita armamenti “particolari”?
Ecco Alessia, ha analizzato bene tutte le informazioni in merito e ha svolto egregiamente il suo lavoro di analista, ovvero come vedono le cose gli investitori occidentali, che, in pratica si chiedono “perché vendere proprio adesso?“.
Come avrete capito l’affare sembra promettente, anche se i sauditi sono restii a fornire informazioni vitali come le scorte residue e le capacità future di estrazione.
Come avrete capito io appartengo ad un altro mondo, non a quello del business, ma un mondo dove gli analisti scelgono le posizioni migliori per demolire bene le cose, non per fare investimenti.
Un altro punto di vista alternativo potrà farvi capire quale è il problema di Ryad, ma non come mai i principi sauditi sono così minchioni, questo rimane inspiegabile.
Come saprete per motivi religiosi ( la solita faida contro sunniti e sciiti) ha portato il governo saudita ad attaccare la minoranza sciita in Yemen.
Non c’erano in ballo giacimenti o vie di comunicazioni, una semplice  guerra per motivi religiosi, e che non sta andando affatto bene per i sauditi.
I quattro straccioni yemeniti, forse aiutati da Russia e Iran, ma non è ancora stato dimostrato, presi da un sacro fervore le stanno suonando di brutto all’attrezzatissimo esercito saudita.
Ne avevo già parlato, si tratta dell’unico esercito al mondo che ha più mezzi blindati e da trasporto che soldati, anche volendo non potrebbero guidarli tutti contemporaneamente.
Purtroppo gli yemeniti inciampano in antichi fossili che si rivelano casse piene di missili anticarro, mentre alcuni rottami,  vecchi missili ormai scaduti diventano precisissimi e colpiscono bersagli a centinaia di chilometri di distanza con una precisione impensabile anche per i progettisti sovietici che li hanno disegnati negli anni 50.
Tra l’altro gli yemeniti hanno già affondato zitti zitti metà della flotta saudita, e dire che non hanno neanche un canotto.
Mistero.
Questa altra mappa vi farà capire molte cose, la divisione “religiosa” dell’Arabia Saudita.
Ma guarda un po dove troviamo raggruppata la minoranza sciita in Arabia saudita, ovvero la stessa fazione religiosa che è maggioritaria in Iran e nella zona dello Yemen dove di combatte.
Si, bambini, proprio lì.
Ovvero i giacimenti, tutti i giacimenti e le principali raffinerie e zone di pompaggio sono “in mano” ala minoranza sciita , vessata da decenni dai Saud.
Proviamo a vedere le cose dal punto di vista di uno a cui piace “rompere le cose”.
Alcune decine di membri delle forze speciali, che parlano la lingua locale, da qualche parte si potrebbero trovare, in zona.
Magari, dopo la decapitazione del carismatico leader religioso sciita potrebbero all’improvviso scoppiare delle rivolte in zona, del tutto casualmente, ovvio.
I membri delle forze speciali, approfittando della confusione e della leggendari scarsa efficienza delle sentinelle saudite. potrebbero piazzare bombette qua e là nelle raffinerie e stazioni di pompaggio.
Poi, con l’aiuto di un tecnico locale arrivare ai “pig”, ovvero quei macchinari che servino a pulire gli oleodotti spinti dalla pressione del greggio.
Uno di questi modificato, potrebbe lasciar cadere un centinaio di bombette a tempo lungo il percorso dei tubi.
In totale di qualche centinaio di chili di esplosivo in tutto.
Esplodendo tutte insieme queste piccole bombe potrebbero distruggere in modo definitivo raffinerie, stazioni di pompaggio e oleodotti sauditi, azzerando completamente la produzione.
E ci vorrebbero anni per ricostruire tutto, se nel frattempo  gli sciiti non facessero anche una minima azione di guerriglia, che impedirebbe i lavori.
Questo, tra l’altro è il motivo per cui ai generali americani è stato impedito di muovere guerra l’Iran.
Gli iraniani sono tosti, coesi e con qualche missile ben piazzato ( di quei missili vecchi, inefficienti ma precisissimi, tipo quelli yemeniti) possono azzerare la produzione nel golfo persico quando vogliono, riducendo di brutto la produzione di petrolio mondiale, e possono continuare a farlo all’infinito, usando i lanciatori mobili, anche sotto i bombardamenti americani.
Trovo incredibile che ai generali e al presidente Usa sia occorso un team di analisti per spiegarglielo, basta semplicemente osservare qualche mappa e prendere le misure con un righello, se non ci si arriva ad occhio.
A quanto andrebbe il petrolio? 
A duecento dollari al barile?
Di più?
Vediamo un po a chi gioverebbe questa apocalisse.
Agli iraniani, ovvio, ai russi, certamente, ma anche agli americani e agli altri principati del golfo e anche agli altri membri dell’Opec.
Oltre a produttori in affanno, come Canadesi, Venezuelani e Nigeriani.
Praticamente a tutti tranne che ai principi sauditi.
Ora che ti fanno i furbetti?
Vendono parte delle quote sperando che così gli investitori premano sulla comunità internazionale affinché gli eserciti internazionali si affrettino a “salvare” i “loro” giacimenti.
Ovviamente anche un ipotetico movimento separatista sciita azzererebbe del tutto la ricchezza dei Sauditi, trasformando Ryad nella capitale di un grande deserto praticamente senza risorse.
Non sono sicuro che comprare quote di ARAMCO sia così un grande business.
Considerate inoltre che i principi sauditi sono, per dirlo in termini tecnici, dei cazzoni irresponsabili.
Prima si buttano in una guerra commerciale contro gli altri produttori, facendo abbassare il prezzo sotto il puro costo di produzione di parecchi di essi, americani compresi.
Poi si buttano in una guerra vera contro i loro vicini dello Yemen, guerra futile che non riescono neanche  a vincere, dimostrando agli sciiti nell’est del paese che l’esercito saudita è poca cosa ( e anche agli iraniani, già che c’erano).
Non contenti di questo stuzzicano le minoranze sciite e il loro ingombrante vicino, dimenticando di guardare le mappe.
Tutto nello stesso momento.
Bella mossa.
P.S: invece pi pagare quei fessacchiotti di Stratfor, che non costano neanche poco, o gente del genere, che ne dite di dare qualcosa a me e soci?
Analisi veloci, attente e sul pezzo, e a basso prezzo, che c’è la crisi.