Mattarella e il Mucchio 5 Stelle

A quelli che “ben pensano” i 5 Stelle appaiono antidemocratici. Il loro nume tutelare Berlusconi ci ha anche messo in guardia contro di loro (certificando platealmente la sua perdita di contatto con la realtà) con una sceneggiata che passerà alla storia.

Ma il MoVimento 5 Stelle non è un pericolo per la democrazia. È un pericolo per i partiti, almeno per come li abbiamo conosciuti finora: è un pericolo per i partiti di oggi. Nella narrazione politica comune sentiamo dire tutti i giorni che i partiti sono degenerati e sono diventati “partiti personali”.

Beh, il MoVimento 5 Stelle non lo è. Nonostante tutti si siano affannati a definirlo come il partito personale per eccellenza, la formazione che fu (è?) di Grillo è tutto meno che “qualcosa” di qualcuno. Il MoVimento 5 Stelle è semplicemente “ademocratico”: infatti risponde solo a se stesso, a tutti e a nessuno contemporaneamente. Si muove per linee grossolane, per semplificazioni estreme, per riflessi condizionati, e proprio per questo risulta più vicino alla gente. Quest’ultima è confusa, rancorosa, indecisa e impaurita. Non sa da che parte andare, non sa cosa fare, però si rende conto benissimo che qualcosa va fatto. Il MoVimento 5 Stelle li rappresenta perfettamente.

Non voglio nascondere il ruolo della Casaleggio e neppure quello di Grillo: è dalla loro contrapposizione che eventualmente nasce il dibattito: sotterraneo e privato. Non dalla base, questa prende solo l’imbeccata.

Quelli che poi votano le leggi, quelli che siedono in Parlamento, gli eletti veri, ecco quelli sono incontrollabili. Non si piegano alla logica politica, all’interesse di partito, alle necessità del sistema: inutile con loro appellarsi al buon senso, alla necessità di compromesso, al realismo politico.

E non sono nemmeno scemi. Loro poi tornano a casa, vanno nei meetup, stanno fra la gente e a farsi sbranare non ci pensano proprio. A differenza degli altri partiti sanno che prima o poi la loro avventura politica finirà ed in mezzo a quella gente – a casa loro – dovranno tornare a viverci.

Sallusti si scaglia – per conto del padrone – contro questi “ragazzini pieni di rabbia di arroganza” e invoca l’inizio di “una discussione con persone serie”. Lo fa per fedeltà contrattuale, in quanto anche lui ha capito benissimo quale è la situazione. Fa solo il suo mestiere, dà voce al padrone.

Le “persone “serie”, i “responsabili” visti sinora all’opera – Angelino Alfano, Lupi, Quagliarella, Lorenzin –  di loro il Paese reale ne ha le palle piene. Luigi Di Maio non è il “capo politico” del MoVimento 5 Stelle, questa è una etichetta che gli è stata volutamente appiccicata addosso per potergli attribuire eventuali sconfitte e bruciarlo, levarselo di torno per il futuro. Di Maio è solamente un portavoce, nel vero senso della parola. È inutile insistere nel cercare di convincerlo, ci si può anche riuscire – con le buone o con le cattive – e forzarlo a fare un accordo, ma alla fine tali sforzi sono inutili perché le strategie/obiettivi comunque non li decide lui ma altre persone a Milano e a Genova. È un “portavoce” perché quando rientra a casa, se ha fatto qualcosa di diverso da quello che ci si aspettava, il Mucchio Selvaggio se lo mangia crudo… Può fare tutti gli accordi che vuole, ma lui è il primo a sapere che se va contro la volontà dei suoi co-eletti quando si arriva al dunque, a votare la fiducia a scrutinio segreto, si ritrova 221 franchi tiratori.

I deputati, i meetup, i frequentatori del sito, dei gazebo l’hanno detto chiaro e tondo: “Berlusconi Giammai”. Dicono davvero, prendeteli sul serio: non esiste disciplina di partito che tenga (e che comunque non esiste). I giornali italiani parlano di “la farsa è finita” e di “falsi vincitori”: non hanno capito niente o se l’hanno capito ciurlano nel manico. Quale farsa? Quali “falsi” vincitori?

Questi hanno vinto prima di tutto dal punto di vista morale, dimostrando che la volontà degli elettori – espressa eleggendo dei “signor nessuno” e paracadutandoli a Roma – non è una merce che si può più barattare.

Nessuno controlla il MoVimento: il Mucchio Selvaggio per definizione non si fa controllare. Puoi parlare con i singoli, ma col branco non si ragiona. Fintanto che esiste un voto segreto ci si può mettere d’accordo anche con Casaleggio, Di Maio, Di Battista e Grillo, ma ognuno di loro ha un peso. Al contrario il Mucchio Selvaggio quando si muove è una folla in preda al panico/rabbia: non è controllabile, ubbidisce ad altre logiche, ragiona di pancia.

È inutile pubblicare sondaggi che vogliono dimostrare che un elettore su tre dà la colpa al M5S dell’impasse, dei 45 giorni di stallo. Gli altri due terzi letteralmente gongolano e se la godono nel vedere “sudare sangue” i vecchi volti della politica. In questi due terzi che mancano nel sondaggio, si nasconde lo tsunami delle elezioni prossime venture. Lo sa Salvini, Di Maio, Renzi e Berlusconi, ma da abili giocatori di poker fanno finta di non saperlo. Tutti puntano in corsa su Mattarella, ma quest’ultimo si sta portando verso il governo tecnico, il governo di tutti e di nessuno (dove potreste anche beccarvi Renzi e i suoi 90 pretoriani, loro potranno fare il bello e il cattivo tempo, con o senza l’amico Silvio).

Il movimento è ademocratico perché sono stati i partiti a violentare gli ultimi 35 anni di democrazia, l’hanno smontata dall’interno, l’hanno fatta diventare COSA LORO, monopolio di professionisti dagli scopi inconfessabili e dalle finalità sistematicamente opposte a quelle sbandierate pubblicamente. Nemmeno si capisce se si siano adeguati a ciò che è diventata la società italiana o se abbiano contribuito loro stessi a far diventare la società quello che vediamo.

I voti si prendono e si rivendono in Parlamento, ci viene detto che “in democrazia parlamentare” questo è esattamente come le cose dovrebbero funzionare (si vede che negli altri paesi non hanno capito un cazzo). Così milioni di elettori 5 Stelle dovrebbero essere contenti di vedere i loro rappresentanti attirati in un governo “possibile”, solo perché così il sistema richiede e “di meglio non si può fare”. Certo, se il MoVimento fosse stato un partito normale alla fine gli accordi si sarebbero fatti comunque e con chiunque, infatti siamo abituati che in un partito normale i conti con la base non si fanno e la base ingoia tutto (si chiama democrazia interna). MA Qui NO.

Il populismo cavalcato con gli elettori viene declinato all’interno, questo genera l’assemblearismo. La “irragionevolezza al potere”. La “distruzione creativa”. Una minaccia al comodo sistema a cui i nostri politici si sono abituati fino ad oggi.

In un Paese ormai composto per la metà da ultracinquantenni e tante cambiali in bianco, ormai di anni da buttare non ce ne sono più rimasti molti. Il giochino è finito, è inutile analizzare le prossime verifiche di percorso con le regionali, le amministrative e le europee, da ora le verifiche si fanno in Parlamento, a suon di voti di sfiducia. Al prossimo governo sarà tanto se per lavorare tranquillo gli danno 5 mesi, altro che 5 anni.

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