L’equivoco della Libertà e della Tolleranza

L’utilizzo totalizzante di “libertà e tolleranza” è parte del quotidiano tambureggiamento attuato dagli circoli sovversivi che operano all’interno della società. Abbiamo così deciso di dare il nostro contributo per spiegare i piani differenti attraversi i quali tali pseudo-domini possono essere valutati e contestualizzati non avendo valore ontologico appartenendo ad una natura estranea alla pura trascendenza.

Come sappiamo i figli del mondo nato dopo il sessantotto, hanno favorito, anche inconsciamente, in maniera sempre più accentuata la sovversione dello Stato con il consenso delle parti politiche; le quali piuttosto che fronteggiare lo scontro dialettico su questioni di principio, si sono adagiate e quasi assopite, cedendo all’opera di logoramento ininterrotta operata dai materialisti (massonici e non), tanto che il significato di queste parole nobili è stato sovraccaricato da diritti, mode, forme ed enti che con esse nulla hanno a che fare.

Cosa vuole dire libertà? Libertà da qualcosa? Da qualcuno? Dai doveri? Da una determinata forma di potere politico?

Malauguratamente non è così, la parola “libertà” viene intesa oggi come il diritto di dare corpo alla soddisfazione di tutti i desideri dell’individuo1, senza controlli e senza barriere etiche o morali. Pertanto essere liberi rientra nel relativismo, perché si confà in modo diverso a seconda la categoria umana che la esprime. Osservando l’andamento anti-tradizionale della società “moderna” notiamo come questi “sistemi filosofici” hanno dei punti di vista ben definiti che costituiscono altrettante branche della dottrina della democrazia dei diritti a scapito di quella dei doveri. Si può affermare che la sovversione si pone come “rivelazione” nel mondo oggettivo e psichico mascherando con cura ciò che proviene dal suo pseudo-simbolo che si propone come dogmatico.

La democrazia dei doveri è stata spostata nel dominio della tolleranza; occorre avere accondiscendenza verso i “diritti” di tutti coloro che lottano in nome di un “principio” che è per lo più il camuffamento della moda del momento e quindi destinato a disperdersi nel tempo proprio perché non dispone di un movimento coscienziale né dinamico, né contemplativo.

Ad esempio il senso della nobiltà d’animo, quello dell’onore e del sacrificio sono totalmente assenti in un popolo oramai abituato, per presunzione indotta, a rendere pubblico “sofferenze, desideri, aspirazioni, volontà politiche, odio ed amore”.

Il comportamento umano con i suoi desideri diventa “social” e questo accresce la vanità di poter essere parte di un gruppo di pressione con la prerogativa di poter influenzare le idee della coscienza media della società. Si badi bene che la possibilità di influenzare viene negata a quei gruppi che auspicano un ritorno della Tradizione e che vengono bollati come estremisti, come coloro che non si adoperano per il fulgore dei “diritti”.

Il mondo satanocratico conosce infatti bene l’importanza della Parola e per questo motivo, come una scimmia, cerca di creare una neo-lingua che rappresenti il progetto (dissolutivo) della società.

Da dove si inizia a distruggere la società? Si inizia dalla famiglia che è il nucleo principale sul quale si fonda lo Stato.

Secondo H. Hertz “noi ci costruiamo interiormente delle immagini o dei simboli degli oggetti esterni (e quindi dei desideri) e ce li costruiamo in modo tale che gli effetti, necessariamente conseguenti sul piano logico, di queste immagini risultano essere sempre immagini degli effetti, necessariamente conseguenti sul piano naturale, degli oggetti in esse rappresentati2”.

Matematicamente se dico che prima A era uguale a tutti i suoi multipli, ma poi inizio a dire che è una versione che deve essere corretta e quindi A=B, successivamente inserisco che B è un pensiero che forzo attinente ad A anche se questo non lo è necessariamente.

In aiuto di A viene però la natura esterna e l’esperienza di vita perché, il mondo, la logica, la filosofia (quando è filocalica) correggono immediatamente la storpiatura.

In un certo senso i sabotatori dell’ordine sociale utilizzano un’immagine alterata veicolando un’opportuna pressione sul mondo mediatico al fine di di convenire che la teoria, pur sovversiva, è accettabile ed accettata dalla società ed è per questo che si richiamano continuamente al dialogo, cioè alla dissertazione di un fatto per smontarlo razionalmente secondo le loro congetture rivoluzionarie.

Sostiene molto chiaramente P. Duhem che “la teoria (…) non è una spiegazione né una classificazione razionale delle leggi fisiche (e morali); è piuttosto un modello di queste “leggi” Essa viene costruita non per soddisfare le esigenze della ragione (nel senso di buon senso), la l’immaginazione3.

Di fatto pertanto la descrizione di un’immagine A non è uguale ad B, o ad Bn ma è la raffigurazione di una evidente matematica di un modello ideale conforme alla “libertà” ed alla solidarietà verso questa “libertà” quindi una A=B o A=Bn dove B rappresenta la realtà limitata e costruita conservando discosto il mondo spirituale che è ordine.

Ogni simbolo di ordine superiore può quindi essere rimpiazzato da una descrizione manipolata tramite immagini, diritti e simboli di ordine inferiore.

Il dono della parola è un dono di applicazione generale e il campo della parola non è inferiore al campo della conoscenza, se non addirittura superiore. Tutto quanto si rivela alla conoscenza, si traduce nella parola4” e per questo motivo che i nostri “costruttori sociali” utilizzano storpiatamente le parole, perché ne conoscono la potenza.

È evidente che però un raddrizzamento, come principio generale ordinante, avverrà nel senso che la realtà verrà sezionata e ricomposta nel suo ordine naturale.

Come diceva l’abate Condillac: “una scienza non è che la lingua ben elaborata5” e J.S.Mill aggiungeva: “La lingua è una catalogo ragionato di concetti che appartengono a tutta l’umanità6”.

Questo catalogo ragionato non riesce pertanto ad essere alterato se non per un periodo transitorio, perché ha in sé la capacità di contrapporsi alle tendenze modaiole ed alle attività verbali che sono filosofie della cospirazione che adornano la sovversione dei pensieri.

Il linguaggio è energia (ενέργεια) e non può mai essere alterato, se non temporaneamente da “energie” che non dispongono di radici dinamiche creatrici. Esso può tuttavia, seppur temporaneamente, penetrare nel mondo umano ove trova sempre qualcuno che è disposto ad accoglierlo come veritiero. In un certo qual modo molti di costoro che accolgono un’energia anti-creatrice, sono sinceramente convinti di voler il bene spirituale della società.

La sovversione delle parole è un’anti-energia che cerca di contrapporsi all’essenza dell’IO SONO.

Ci torna in aiuto Pavel Florenskij affermando che “la lingua è attività (enérgeia) e non qualcosa di concluso (érgon). La sua giusta definizione deve esprime l’atto della sua formazione (genesi). La lingua è l’ininterrotto ripetersi dell’azione dello spirito sul suono articolato per la sua realizzazione nell’espressione del pensiero7”. Di fatto pertanto la lingua forma il pensiero ed è per questa causa che la sovversione riesca ad operare attraverso una neo-lingua alterando il significato di parole come libertà e tolleranza, rendendole cioè realizzazioni finite di un pensiero, seppur alterato, che viene ribadito al fine di avviare il pieno sovvertimento della civiltà.

La reiterazione continua però è pur tuttavia la debolezza del neo-linguaggio giacché ha l’esigenza della ripetitività come forza necessaria di induzione al cambiamento, ma questa è anche la sua debolezza perché si scontra con il bagaglio culturale, sociale, tradizionale e spirituale di una società.

Ma la libertà può comportare un’esperienza del male? Ci spiega Luigi Payreson: “senza l’esperienza tragica del male l’uomo resterebbe in un grado inferiore di moralità, privo di quella ricchezza interiore che può derivare da una prova così impegnativa. Ma ciò non significa che il male sia necessario ed indispensabile per la realizzazione del bene8”, l’esperienza del male ci aiuta a comprendere sempre di più la libertà del bene, perché il Bene Superiore è incarnazione reale della Libertà Sofianica ed è per questo la Grazia Divina implica la piena libertà umana.

Ancor più profondamente ci aiuta N- Berdjaev, il quale fa presente che “la liberta è una categoria spirituale e religiosa, non naturalistica … Nel Cristianesimo l’idea di libertà è centrale. Senza di essa restano incomprensibili la creazione del mondo, la caduta nel peccato e la redenzione. Senza la libertà è impossibile la teodicea ed il processo universale rimane privo di senso9”.

La libertà dell’uomo è bilaterale con quella di Dio, il quale non ci obbliga a riconoscerlo perché la libertà è Lui. La lotta dell’uomo è quella di accettare questo mistero che non può razionalmente dimostrare ed è per questo che Dio attende ma non contende in virtù della vera Libertà che è la possibilità dell’uomo anche di non poter credere al Suo Amore.

Le strutturazioni esteriori come la Chiesa hanno per un tempo retto, ma poi nei secoli Dio era affievolito nella struttura organizzativa; la libertà veniva accantonata in nome della necessità del potere e questo spegneva la volontà di innalzarsi ma è possibile, anzi è certo, che alla fine diverrà inevitabile ricercare una simbologia diversa ed un linguaggio che si riavvicini all’effettiva realtà spirituale.

DIACONO MARTINO http://liberticida.altervista.org/

1Volutamente usiamo la parola “individuo” per distinguerlo dalla persona. L’individuo è un essere massificato distaccato dalla vita interiore. La sua “interiorità” è meramente psichica ed è per questo che ha bisogno delle leggi della necessità per sopravvivere.

2H. Hertz “Try kartiny mira” cit. p. 65

3P. Duhem, Fiziceskaja teorija, cit. p. 107

4P. Florenskij. Attualità della parola cit. p.53

5Etienne Bonnoc de Condillac, “Cours d’études pour l’instruction du Prince de Parme”. Grammaire, Parme 1769-1773.

6J. S. Mill. “Sistema logiki sillogisticeskoj i induktivnj” Trad. dall’inglese di “System of Logic” – London 1843

7P. Florenskij “Attualità della Parola” Ed. Guerini ed associati p. 65 – 1989

8L. Payreson “Dostoewskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa”, Torino Einaudi 1993 p. 130

9N. Berdjaev – “Filosofia dello spirito libero”. San Paolo 1997 p. 203