La sacralità dell’infanzia

Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli (Mt. 16,13-15). 

Ogni volta che leggo questa frase del Vangelo di Matteo ci ragiono e cerco di capire che cosa Cristo intendesse con “bambini” e perché il Regno dei Cieli appartiene loro. Non ha escluso gli adulti perché in un secondo tempo poi ci dice – Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno (Gv. 11,25), ma con molta chiarezza parla di questi bambini ed allora mi è venuto un pensiero: essere “bambini” significa che l’uomo anche adulto deve mantenere un animo bambino, nel senso di abbandonarsi ai propri genitori celesti con fiducia.

La tentazione di cadere nelle interpretazioni materialistiche è sempre presente, ma penso che ogni uomo debba imparare a vedere le cose del mondo con gli occhi un bimbo ed in tal modo si sottopone inconsciamente ad una rinascita, ponendosi prima del peccato originale e quindi nella purezza perché non altrimenti avrebbe senso la frase “siate perfetti come lo è il Padre vostro” (Mt. 5,43-48) “finalmente la nostra attività creativa non può mirare a scopo più alto di quello di incarnare in immagini sensibili quest’unità del cielo, della terra e dell’uomo, creata e proclamata sin dall’inizio!” (V. Soloviev – Due saggi sull’amore – Ed. Signorelli 1939 pg. 23).

La crescente miseria emotiva e psicologica della società mostra un aumento della percezione del dolore anche empatico per le vicissitudini che accadono anche in altre parti del mondo. Le notizie di bimbi trucidati spinge le emozioni, i sentimenti ed il cuore umano a domande sempre più frequenti sul declino morale e spirituale della società.

La diversità dei cristiani non sta dunque nelle sembianze e nell’aspetto esteriore, anche se molti ritengono che in questo consista l’identità propria dei cristiani e la differenza tra loro e il mondo, nelle apparenze e nell’aspetto, ma si ritrovano poi simili al mondo quanto al cuore e ai pensieri perché, al pari di tutti gli uomini, sono agitati e instabili nei loro pensieri, mancano di fede, sono confusi, turbati e timorosi” (Pseudo-Macario – Filocalia). Tuttavia la diversità dei cristiani sta nel fatto che si pongono continuamente domande e promuovono ricette filosofiche e politiche di qualsiasi tipo, al fine di dare risposte che però perdono la loro forza travolgente nel tempo, diventando esili e troppo fondate su forme sentimentali effimere. La nostra è diventata una società impulsiva, proprio perché affetta da carenza spirituale giacché vediamo le cose con un animo colmato di dolori, tradimenti, istanze fallite, delusioni e mancanza di sincerità.

Siamo travolti dall’orrore, dalla miseria e dall’incertezza. I valori che governavano la vita non sembrano più sintonizzati con il ritmo della natura: tutto è affaticato, frettoloso, stressante e competitivo. Abbiamo perso lo sguardo di un bimbo per vedere il mondo con animo gioioso e giocoso, allora cerchiamo la vecchia trattoria della nonna, i sapori che la nostra mamma terrena ci faceva gustare, l’odore della pipa del nonno che ci raccontava le storie e le sue esperienze belle o brutte. “Una parte più intima è che questo fanciullo che ignora il male e che per ciò che è come Dio; poiché Dio non è soltanto Padre ma è pure l’eterno Fanciullo…il Fanciullo della mangiatoia (come uomo) non sa ancora nulla…non ha ancora provato, non ha ancora sperimentato non ha ancora sofferto nulla…” (F. Mauriac – Il mistero del Dio- Fanciullo – Ed. Ripostes 2001). L’amore per la vita semplice è stato sostituito da delle file interminabili di individui che non vedono l’ora di acquistare il telefonino di ultima generazione, gli stessi giovani che non sanno distinguere un Mattia Preti da un Caravaggio o un Tintoretto da un Tiziano, perché non riescono più a stupirsi se non per i gadgets e molti di questi – quelli più volenterosi – sono costretti a scappare dall’Italia per trovare un lavoro all’estero, fuggendo però dal senso di comunità che il calore della società Italiana, nonostante tutto, riesce a mantenere viva.

I grandi scrittori e gli artisti devono occuparsi di politica unicamente quando debbono difendersene. Di pubblici accusatori e di gendarmi ce n’è già abbastanza” scriveva Cechov a Savorin il 6 febbraio 1898 ed invece oggi abbiamo i tuttologi, altra neo-parola del mondo materialista e nichilista che si autodefinisce “progressista”. Di fronte all’aperta manifestazione di fastidio ed alle intollerabili fughe verso un ordine totalitario, il recupero di una visione del mondo che si stacchi dalle trivialità dominanti, il dono di poter vedere il mondo con gli occhi di un bambino è la chiave misteriosa che la Sacra Scrittura ci offre per recuperare la nostra Tradizione ed il linguaggio vero ed immutabile della Verità.

Diacono Martino http://liberticida.altervista.org/