Barche e Paparazzi: un’altra storia bancaria cialtrona

Visto che pare che il mio scorso post sia piaciuto provo a doppiare e pubblico un’altra storia cialtrona. Ovvero come le banche affidano i soldi che voi versate nei conti correnti.

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Tutto comincia non molti anni fa, nel 2007 l’AD di allora, il settantacinquenne Del Vecchio presenta la Privilege, azienda specializzata nella costruzione di mega yacht. Ecco il rutilante comunicato stampa inviato ai media:

Dietro alla Privilege ch’è Ultrapolis Investment 3000 che: “È una multinazionale con sede a Singapore, Hong Kong, Stati Uniti e Londra. Il presidente è l’ex segretario dell’Onu Perez de Cuellar, gli azionisti sono Robert Miller, proprietario nel mondo di duty free shops, tra i maggiori azionisti di Louis Vuitton e Cnn, e Mario La Via finanziere internazionale, proprietario di banche private, ideatore creativo e dominus dell’imponente progetto navale”.

Non solo, nei media di tutto il mondo appaiono articoli come questo:

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Il mega yacht con tecnologie per disattivare le telecamere dei paparazzi… come no.

Articolo interessante pubblicato nel 2014, proprio mentre la celebre coppia iniziava a sfaldarsi e nel cantiere gli operai senza stipendio protestavano con cartelli disperati appesi ai soppalchi. Ovviamente l’articolo era frutto solo della fantasia di La Via, maestro nella creazione di “cinema” del genere. L’unica garanzia fornita alle banche è una lettera della Barclays, che afferma di versare 180 milioni di euro alla Privilege dopo la consegna e il collaudo del gigantesco panfilo da 156 metri in costruzione nel piazzale, oltre ai capannoni ipotecati e costruiti con i soldi delle banche stesse.

Niente altro, se non le fantasiose dichiarazioni di La Via.

Ora, dopo il fallimento della società e la scoperta che l’unico bene forse vendibile è un gigantesco ammasso di ferro nel piazzale scopriamo che i debiti totali della società ammontano a 230 milioni di euro, soldi perlopiù forniti negli anni da:

  • Nel 2009 Etruria e Banco di Sardegna accordarono 20 milioni per realizzare il cantiere navale.
  • Nel 2010 sempre la Popolare aretina anticipò 4 milioni per l’arredamento della barca e insieme a BancaMarche sganciò altri 6 milioni per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico del cantiere.
  • Nel 2011 Mps capital services e Bpm versarono altri 20 milioni e nel febbraio dello stesso anno la Popolare dell’Etruria, capofila del pool, Unicredit, Intesa, Mps capital service e Bpm stipularono il contratto di finanziamento più cospicuo, quello da 100 milioni di euro.

Gli inquirenti stanno indagando su questo e su come sono stati spesi o detratti il denaro, e lascio agli inquirenti indagare in merito. Io, da parte mia vi parlerò degli aspetti tecnici della cosa, dato che mi sono occupato anche di Megayacht, nella mia vita.

Finanziarsi

Costruire un megayacht è una operazione complicata e richiede enormi investimenti. Il cantiere non può affidarsi in toto alla bontà del committente, che, vuoi per propri problemi finanziari, vuoi per reali o supposte manchevolezze, anche estetiche, può facilmente rifiutarsi di pagare. Il cantiere fallirebbe. Per ovviare a questo di solito ci si affida ad una società terza, di solito con sede in Svizzera.

Questa società, una tra le tante che si occupano di questi servizi riceve il denaro dall’armatore, e lo deposita in un conto bancario. La società terza riceve il librone enorme del capitolato, che riassume tutte le richieste del committente, ovvero l’armatore. Esperti della società visionano il cantiere ad intervalli prefissati , controllano che ogni singolo componente sia conforme alle specifiche e si fanno aiutare anche dai tecnici e dagli interior design dell’armatore.

Una volta che tutto è come deve essere, che le modifiche richieste sono state implementate, una tranche del pagamento viene sbloccata e versata nel conto svizzero (o in un paradiso fiscale) del cantiere. Una parte del denaro, quella appena sufficiente a coprire le spese verrà depositata in Italia. E così via, con la società terza che media per le inevitabili contese che scaturiscono durante progetti così complessi, con gli architetti del committente che premono per sostituire costosissime moquette dalla tonalità sbagliata o vogliono rifare la pianta degli interni.

Niente di tutto questo è accaduto in Privilege, eppure le banche…

Spostare l’ammasso di ferro

Incredibilmente solo nei forum americani e nordeuropei i tecnici, abituati a pensare, invece di presentare render di interni ai clienti si ponevano un piccolissimo quesito:

“ma come cazzo si farà a mettere in acqua quella nave?”

Una imbarcazione di oltre centocinquanta metri è qualcosa di enorme, e di solito è costruita all’interno di un bacino di carenaggio. Ovvero un immenso vascone comunicante con il mare, da cui sarà facile portare in acqua lo scafo facendolo scorrere su enormi rotaie o riempiendolo d’acqua. Niente di tutto questo è presente in cantiere, ma lo scafone è assemblato sul piazzale , quasi fosse un “semplice” yacht da 50 metri di lunghezza, pesante interi ordini di grandezza di meno…

Nei cantieri navali del nord europa a volte questo succede, ma i mega yacht vengono spostati con enormi carrelloni e poi calati dentro il bacino di carenaggio.

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Questo è una immagine gentilmente fornita dai cantieri Privilege, potete vedete la gru verde a poppa e il canale su cui presumibilmente lo scafo verrà in qualche modo spinto o calato ( non si sa bene come, stante le dimensioni).

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Peccato che la foto sia stata maldestramente modificata con il computer. Il “bacino” di fianco al cantiere non è altro che un canale di irrigazione, del tutto insufficiente ad accogliere lo scafo, e alcune decine di metri di terra separano il piazzare dall’acqua.

Anche i due ponti della ferrovia e della statale litoranea presentano piccoli problemi logistici, misurandoli con la cordella possiamo facilmente verificare che sono larghi al massimo la metà dello scafo. Manco con una magia tipo Harry Potter riusciamo a far passare la nave da quel canale.

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Ma non è finita, nel 2015 si vede benissimo che il canale finisce in un bel parcheggio…

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poi trasformato quest’anno in un porto turistico con il fondale basso… e un bel molo in cemento a fare da barriera.

Riepilogando, l’unico modo per portare in acqua quel pezzo di ferro sarebbe quello di demolire il parcheggio dell’ex privilege, interrompere la ferrovia e la strada, riempire il porto canale e creare una rampa lunga un centinaio di metri per accompagnarla lentamente in acqua. Il tutto con un sottofondo di alcuni metri di ghiaia e almeno mezzo metro di cemento armato come supporto. Sappiamo tutti che i permessi del comune, del demanio, della regione, dell’intendenza ai beni culturali e del ministero dell’ambiente necessiterebbero di anni per arrivare e che comunque i soldi non ci saranno mai per farlo.

Lo scafo era destinato fin dall’inizio a non muoversi mai da lì.

Era così difficile scoprirlo?

Non dico che ci volesse un ingegnere navale con anni di esperienza per accettarlo, forse un semplice muratore con una cordella inviato dalla banca se ne sarebbe facilmente accorto. No oso pensare cos’altro potrebbe saltare fuori, se gli affidamenti di solito sono controllati in questo modo.

 BY NUKE http://liberticida.altervista.org/